CULTURA - A cura di Paola Bonfadini Tutti i diritti riservati |
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“Visioni ultraterrene”:
Il volumetto raccoglie alcuni testi di conferenze dell’autore sull’opera dantesca tra il secondo dopoguerra e l’inizio degli Anni Ottanta del Novecento. E l’interpretazione dello scrittore trasporta il lettore curioso in un fiume inesauribile di cultura e considerazioni illuminanti, grazie anche ad uno stile limpido ed accattivante. Quali sono, allora, i saggi contenuti nell’opera? Nel Prologo, l’autore sostiene che una delle doti dantesche è quella di dar vita ad un poema fatto di dettagli, cioè d’immagini che si scolpiscono con immediatezza nella memoria dei lettori, in quanto “nel libro non c’è parola che sia ingiustificata” (JORGE LUIS BORGES, op. cit. 2001, Prologo, p. 15).
Il secondo saggio, Il nobile castello del quarto canto, spiega il clima di malinconica ed amara attesa del Limbo nell’Inferno: “[I dannati] Vivono in un anelito senza speranza: non patiscono dolore, ma sanno che Dio li esclude.” (JORGE LUIS BORGES, op. cit. 2001, Il nobile castello del quarto canto, p. 28). Gli ingegni del passato latino e greco, come lo stesso Virgilio, guida di Dante, vivono, infatti, in una specie di prigione dorata, apparentemente serena nell’Inferno. Non hanno, però, avuto
Il terzo saggio, Il falso problema di Ugolino, insinua in chi legge che il sinistro fascino del personaggio sia dato da un’ambiguità terminologica presente nei versi e voluta dal poeta stesso: “Nel tempo reale, nella storia, ogni volta che un uomo si trova di fronte a più alternative opta per una di esse ed elimina e perde le altre; non così nell’ambiguo tempo dell’arte, che assomiglia a quello della speranza o a quello dell’oblio. […] Così, con due possibili agonie, lo ha sognato Dante e così lo sogneranno le generazioni future.” (JORGE LUIS BORGES, op. cit. 2001, Il falso problema di Ugolino, p. 40). Ancora l’Inferno è protagonista del quarto saggio, dedicato a L’ultimo viaggio di Ulisse (JORGE LUIS BORGES, op. cit. 2001, L’ultimo viaggio di Ulisse, pp. 41-50). L’eroe omerico cerca la conoscenza e tenta di trascendere i limiti posti all’uomo da Dio. E nell’astuto guerriero si riflette la vicenda esistenziale del poeta stesso, lacerato dal conflitto insolubile fra ragione e sentimento: “L’azione di Ulisse è indubbiamente il viaggio di Ulisse, perché Ulisse altro non è che il soggetto di cui si predica quell’azione, ma l’azione o impresa di Dante non è il viaggio di Dante, bensì la realizzazione del suo libro.” (JORGE LUIS BORGES, op. cit. 2001, L’ultimo viaggio di Ulisse, p. 47). Il tema del sogno, poi, è l’elemento costante degli scritti anche successivi: la tesi di fondo è che il poema sia una sorta di grande e variegato “sogno” dell’autore, ossia un sogno d’amore in cui tutto è, però, finalizzato all’incontro con l’amata Beatrice (“Raggiunte le pagine finali del Paradiso,
In seguito, la visionaria fantasia traspare nell’interessante confronto tra la componente allegorica dantesca e l’Historia Ecclesiastica Gentis Anglarum del monaco inglese altomedievale Beda. Forse l’Alighieri non ha mai conosciuto gli scritti latini anglossassoni, ma la comparazione è stimolante: “Che Dante conoscesse o no le visioni registrate da Beda è meno importante del fatto che questi le abbia incluse nella sua opera storica, giudicandole degne di memoria. Un grande libro come
L’incantevole profondissima cultura di Borges appare, in seguito, nell’interpretazione della celebre espressione “dolce color d’oriental zaffiro” del Canto primo del Purgatorio al v. 13 (JORGE LUIS BORGES, op. cit. 2001, Purgatorio, I, 13, pp. 71-76). Oppure l’Aquila del Paradiso con le anime dei giusti può rammentare al premio Nobel sudamericano addirittura il Simurg della tradizione sufica: “L’ubiquo Simurg è inestricabile. Dietro l’Aquila c’è il Dio individuale di Israele e di Roma; dietro il magico Simurg c’è il panteismo.” (JORGE LUIS BORGES, op. cit. 2001, Il Simurg e l’Aquila, p. 85). Gli ultimi due saggi, L’incontro in un sogno (JORGE LUIS BORGES, op. cit. 2001, L’incontro in un sogno, pp. 87-96) e L’ultimo sorriso di Beatrice, (JORGE LUIS BORGES, op. cit. 2001, L’ultimo sorriso di Beatrice, pp. 97-104) riprendono la passione fortissima e infelice di Dante per la donna: ricordare Beatrice, manifestare pubblico apprezzamento per il pagano Virgilio, quasi un secondo padre per l’autore, sono, al di là dei riferimenti teologici e filosofici, gli autentici motivi di composizione del testo. L’autore argentino afferma: “Innamorarsi è dar vita a una religione il cui dio è fallibile. […] Io personalmente penso che [Dante] abbia edificato la triplice architettura del suo poema per introdurvi quell’incontro.” (JORGE LUIS BORGES, op. cit. 2001, L’incontro in un sogno, p. 94). Nell’Appendice, infine, lo scrittore rievoca i motivi che lo hanno spinto ad accostarsi all’opera dantesca e sunteggia i contenuti precedenti: “Quanto a me, so di essere un lettore edonistico; non ho mai letto un libro per il solo fatto che fosse antico. Ho letto libri per l’emozione estetica che potevo trarne e sempre posponendo commenti e critiche (JORGE LUIS BORGES, op. cit. 2001, Appendice, pp. 109-110)”. Aggiunge che “il fascino è, come ha detto Stevenson, una delle qualità essenziali che deve avere lo scrittore. Senza fascino il resto è inutile.” (JORGE LUIS BORGES, op. cit. 2001, Appendice, p. 112). A proposito della musicalità della parola Borges sostiene, ancora, che “un buon verso non si lascia leggere a bassa voce o in silenzio. Se ci riusciamo, non è un verso efficace: il verso esige di essere declamato. Il verso non dimentica di essere stato un’arte orale prima di essere un’arte scritta, non dimentica di essere stato un canto.” (JORGE LUIS BORGES, op. cit. 2001, Appendice, p. 113), giacché “l’idea è la stessa, l’idea che siamo fatti per l’arte, che siamo fatti per la memoria, per la poesia o forse per l’oblio. Ma qualcosa resta e questo qualcosa è la storia o è la poesia, che non sono essenzialmente diverse.” (JORGE LUIS BORGES, op. cit. 2001, Appendice, p. 114). I personaggi delineati, infine, “sono eterni”, dato che “a Dante basta un solo momento. In quel momento il personaggio è definito per sempre” ed il poeta toscano riesce a “presentare un momento come cifra di una vita. In Dante abbiamo personaggi la cui vita può limitarsi ad alcune terzine, e tuttavia quella vita è eterna. Vivono in una parola, in un atto, non serve di più; sono una parte di un canto, ma quella parte è eterna. Continuano a vivere e a rinnovarsi nella memoria e nell’immaginazione degli uomini.” (JORGE LUIS BORGES, op. cit. 2001, Appendice, pp. 122-123). Lo scrittore, inoltre, ribadisce che “nessun libro mi ha dato emozioni estetiche altrettanto intense. […]
Nella Postfazione, Tommaso Scarano illustra circostanze e riferimenti al testo e conclude che Borges, pur non essendo considerato un vero e proprio critico letterario, raffigura con efficacia ed incisività idee e considerazioni notevoli ed intriganti. Il libro rimane, dunque, uno strumento delizioso e piacevole, eruditissimo, ma chiaro e scorrevole: esso può aiutare a capire non solo il testo, ma soprattutto l’immutabile magia della parola dantesca.
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