“Come un cerchio perfetto”:
Il Club dei Mestieri Stravaganti di Gilbert Keith Chesterton
“L’apparenza inganna”: ciò che ci sembra terribile è, invece, creato dai nostri pregiudizi e false impressioni. Questo il messaggio di fondo lucido e disincantato che si può cogliere ne The Club of Queer Trades di Gilbert Keith Chesterton, opera pubblicata per la prima volta nel 1913 (GILBERT KEITH CHESTERTON, Il Club dei Mestieri Stravaganti, traduzione di Paola Mazzarelli, Guanda, Parma 1987).
L’autore inglese (Londra 1874-Beaconsfield, Buckinghamshire 1936), romanziere, giornalista e critico letterario, più noto in Italia come creatore del prete investigatore Padre Brown, raccoglie in sei racconti le stravaganti avventure del sessantenne ex-giudice Basil Grant. L’uomo, dopo decenni di onorata attività, lascia l’importante incarico perché ritenuto pazzo: “il mio amico Basil Grant, il sognatore, il mistico, che rarissimamente metteva il naso fuori della sua soffitta, […] si esprimeva più come un sacerdote o un dottore, di quelli che parlano chiaro.” (GILBERT KEITH CHESTERTON, op. cit. 1987, La terribile avventura del Maggiore Brown, p. 7).
Ma è davvero folle chi condanna per egoismo, ipocrisia, disonestà i vari imputati?
Sotto l’apparenza eccentrica e svagata del vecchio giudice si nasconde la mente intuitiva e pacata del moralista, del ribelle che attacca la società inglese di primo Novecento.
Da un punto di vista narrativo, inoltre, la critica è rivolta ad un certo tipo di romanzo poliziesco di successo. Grant, del resto, è l’esatto opposto di Sherlock Holmes, detective con grande razionalità e deduzione: “I fatti - mormorò Basil quasi parlasse di strani animali remoti - come oscurano la verità, i fatti. Forse sono stupido… anzi, si sa che sono pazzo… ma io non ho mai potuto credere a quell’uomo… come si chiama? Sherlock Holmes. Ogni particolare indica qualche cosa, certo, ma in genere indica la cosa sbagliata. A me sembra che i fatti indichino in tutte le direzioni, come i mille rami di un albero. È solo la vita dell’albero che ha unità e si innalza, solo la linfa verde che sgorga, come una fontana verso le stelle.” (GILBERT KEITH CHESTERTON, op. cit. 1987, La terribile avventura del Maggiore Brown, p. 17). E la parte del fido Dottor Watson è interpretata ora da Rupert, fratello del protagonista (“Non sapevate che ho un fratello pratico. Questo è l’esimio Rupert Grant, il quale sa fare tutto e fa di tutto.”, GILBERT KEITH CHESTERTON, op. cit. 1987, La terribile avventura del Maggiore Brown, p. 9), ora dal narratore che racconta il prima persona le bizzarre situazioni.
Tutto ruota intorno a presunti complicatissimi ed inquietanti misteri. Invece scopriamo, divertiti e curiosi, che i fatti hanno quale filo conduttore il Club dei Mestieri Stravaganti, inconsueta associazione londinese, i cui membri, per statuto, devono inventarsi il lavoro che esercitano.
Ecco, allora, sotto l’apparenza di un sinistro caso di minacce di morte, l’attività molto richiesta dell’efficiente Agenzia delle Avventure Romanzesche del simpatico e fantasioso P.G. Northover (GILBERT KEITH CHESTERTON, op. cit. 1987, La terribile avventura del Maggiore Brown, pp. 5-28).
Nel secondo racconto, l’attenzione è rivolta, oltre che alla descrizione di una Londra malsana e malfamata, all’abile Inventore di Battute Lord Cholmondeliegh (GILBERT KEITH CHESTERTON, op. cit. 1987, La penosa caduta di una celebrità, pp. 29-44).
Nel terzo episodio, il falso rapimento del reverendo Ellis Shorter, oscuro vicario di provincia, è la scusa per allontanare gli amici dalla cena fra due innamorati grazie alla figura dell’Attaccabottoni Professionista (GILBERT KEITH CHESTERTON, op. cit. 1987, Il penoso motivo della visita del vicario, pp. 45-62).
Ne La singolare pensata dell’agente immobiliare (GILBERT KEITH CHESTERTON, op. cit. 1987, La singolare pensata dell’agente immobiliare, pp. 63-83), il sinistro tenente Drummond Keith è, al contrario, un innocuo appassionato ornitologo in cerca di una casa sugli alberi vicino agli amati volatili (“La verità deve essere più strana della finzione – disse Basil placidamente – perché la finzione è una creazione della mente e dunque le è congeniale.”, GILBERT KEITH CHESTERTON, op. cit. 1987, La singolare pensata dell’agente immobiliare, p. 65).
Non mancano le notazioni sul potere carismatico del giudice in pensione: “È della nostra natura inseguire sempre ciò che svanisce e tanto più apprezzare le cose quanto più esse ci sfuggono. Tutti seguimmo Basil, non saprei dire perché, […] lo seguimmo tutti, prendendo il cappello dall’attaccapanni e il bastone dal portaombrelli, e né allora né mai capimmo perché. Ma era così, lo seguivamo sempre, qualunque cosa ciò significasse, qualunque fosse la natura della sua autorità su di noi. E lo strano era che lo seguivamo tanto più ciecamente quanto più assurde sembravano le cose che diceva. In fondo, se alzandosi da tavola dopo colazione ci avesse detto: «Vado a cercare il Mostro dalle Sette Teste» credo che lo avremmo seguito lo stesso fino alla fine del mondo.” (GILBERT KEITH CHESTERTON, op. cit. 1987, La singolare pensata dell’agente immobiliare, pp. 76-77).
Il professor Chadd, nel quinto testo, paziente e tenace studioso di lingue antiche e moderne, appare uscito di senno alle arcigne sorelle, quando sta creando un nuovo linguaggio “primitivo” (GILBERT KEITH CHESTERTON, op. cit. 1987, L’originale condotta del professor Chadd, pp. 84-101): “È con chi ci è completamente sconosciuto che amiamo parlare delle cose più importanti. In un completo sconosciuto percepiamo sempre l’uomo in sé, mentre come si fa a ravvisare l’immagine di Dio nelle fattezze di uno zio o in un paio di baffi che ci stanno antipatici?” (GILBERT KEITH CHESTERTON, op. cit. 1987, L’originale condotta del professor Chadd, p. 85). Ancora, spiccano le numerose notazioni ironiche dell’autore sulla condizione umana e i rapporti tra i sessi: “È vero che ogni donna di buon senso pensa che gli studiosi siano tutti matti. Anzi, a dire le cose come stanno, non c’è donna la mondo che non pensi che tutti gli uomini, studiosi e no, siano matti.” (GILBERT KEITH CHESTERTON, op. cit. 1987, L’originale condotta del professor Chadd, p. 90).
La strana reclusione della vecchia signora, titolo del racconto conclusivo (GILBERT KEITH CHESTERTON, op. cit. 1987, La strana reclusione della vecchia signora, pp. 102-125), trasforma il presunto rapimento dell’anziana nella giusta punizione per la rottura d’un fidanzamento. Cogliamo, qui, pure un giudizio negativo verso lo scientismo crescente: “Macché – rispose Grant – non ho detto proprio nulla contro gli insigni scienziati. Ciò di cui mi lamento è quella vaga filosofia popolare che si crede scientifica, mentre non è altro che una nuova religione, e della peggior specie. Quando la gente parlava della caduta dell’uomo, sapeva parlare d’un mistero, di qualcosa che non poteva capire. Ora che parlano della sopravvivenza del più forte, credono tutti di capire di che si tratta e invece non solo non ne hanno la minima idea, ma anzi hanno un’idea distorta e del tutto falsa di ciò che queste parole significano. Il darwinismo non ha portato un bel nulla all’umanità, salvo il fatto che invece di parlare di filosofia in modo non filosofico, ora si parla di scienza in modo non scientifico.” (GILBERT KEITH CHESTERTON, op. cit. 1987, La strana reclusione della vecchia signora, p. 112).
Ogni caso viene, quindi, risolto brillantemente grazie all’intuito di Basil, del quale il protagonista è paladino: “Da che altro è mosso il mondo, se non dall’intuizione? Che c’è di più concreto? Mio caro, la filosofia di questo mondo sarà forse fondata sui fatti, ma la sua esistenza è guidata dall’intuizione e dall’atmosfera spirituale.” (GILBERT KEITH CHESTERTON, op. cit. 1987, La penosa caduta di una celebrità, p. 32).
E il legante delle sei storie è il fantomatico Club del Mestieri Stravaganti, di cui, in conclusione, apprendiamo che il nuovo capo è proprio Basil Grant. Il narratore a commento di una simile sorprendente notizia chiosa: “Ancora completamente sbalorditi brindammo con gli altri, tra i rumori dei bicchieri infranti, alla nuova magistratura di Basil. In noi si agitava solo, confusamente, la sensazione che tutto fosse stato rimesso a posto, la sensazione che si proverà quando ci si troverà davanti al giudizio di Dio. Vagamente udimmo la voce di Basil che diceva: «Mr P.G. Northover vi parlerà ora dell’Agenzia di Avventure Romanzesche.». E altrettanto vagamente udimmo Northover cominciare il racconto che aveva fatto tanto tempo addietro al maggiore Brown. Così, come un cerchio perfetto, la nostra epopea terminava là dove era cominciata.” (GILBERT KEITH CHESTERTON, op. cit. 1987, La strana reclusione della vecchia signora, p. 125).
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