«Canta che ti passa»:
L’anima nella voce di Françoise E. Goddard
«Sono proprio contenta!».
«Di che cosa?».
«Di stasera: è stata una grande gioia.».
«Perché?».
«Perché è stata una grande gioia cantare con te!».
Non capita spesso di sentire, dopo un concerto, una persona che si esprime così nei tuoi confronti. Le parole fanno bene, penetrano nell’anima, dissolvono le nebbie dell’amarezza e delle paure. È uno dei miracoli della musica. È uno degli incanti sorprendenti del canto e del cantare insieme. È la forza del canto come meditazione attiva e crescita interiore, come recita il sottotitolo del libro L’anima nella voce (Urra - Apogeo, Milano 2006) di Françoise E. Goddard, musicista e cantante anglosvizzera, interprete sensibile che si interroga sulle potenzialità sterminate del far musica grazie alla voce.
In un itinerario capace di unire vertiginosamente tradizioni culturali occidentali ed orientali, la studiosa spiega con efficacia l’importanza che il canto esercita su nostre esistenze erranti: “persino le arti marziali, che per antonomasia devono interagire con l’altro, si pongono per lo più in una posizione antagonista nei suoi confronti quando, mediante tecniche di combattimento, tentano di annullarlo o di neutralizzarne la forza. Niente di tutto ciò col canto: il cantante “cerca” qualcuno per comunicare e la sua comunicazione è di tipo positivo. L’azione è immediata e il riscontro quasi simultaneo.” (GODDARD, op. cit. 2006, Introduzione, p. XIII).
Sei capitoli interessanti esaminano le caratteristiche del canto per trovare il tanto bramato equilibrio psicofisico.
Nel primo capitolo intitolato I chakram, l’autrice esamina, sulla scia di autori da Buddha a Carlos Castaneda, le misteriose risonanze fra le energie sottili della natura e la voce umana: “Chakra significa in sanscrito ruota ed è questa la definizione più congeniale per rappresentare quei vortici energetici posti dietro le ghiandole del nostro corpo, che ne stimolano sia la funzione fisica sia quella psichica.” (GODDARD, op. cit. 2006, I chakram, cap. I, p. 1). La musicologa afferma che “il corpo è l’espressione dell’anima nella sua forma fisica e quest’identificazione ci dà la misura della nostra forza e dei nostri limiti.” (GODDARD, op. cit. 2006, I chakram, cap. I, p. 10).
Inoltre, a proposito delle relazioni affettive, la donna ribadisce che “mentre abbiamo progredito tremendamente nei vari campi scientifici e tecnologici, non abbiamo fatto un singolo passo (o quasi) sulla dinamica dei sentimenti e del sesso. Li abbiamo descritti o analizzati, repressi o esaltati fino alla nausea, ma se leggo, per esempio, una poesia d’amore latina o greca, noto che le problematiche di oggi sono rimaste esattamente uguali a quelle di allora. Abbiamo le stesse reazioni e gli stessi moti di stizza, di rimpianto o di esaltazione che ebbero gli uomini e le donne di allora.” (GODDARD, op. cit. 2006, I chakram, cap. I, p. 15). E “ci siamo mai chiesti veramente cosa significa entrare in relazione con l’altro o è solo una nostra carenza a farci cercare la completezza fuori di noi? Un cuore che funzioni bene non ha particolarmente bisogno di una verifica sessuale; viene generalmente appagato dalla semplice presenza di un altro cuore aperto. L’amicizia, la fiducia e la stima sono tre delle grandi conquiste che si fanno tramite questo chakra.” (GODDARD, op. cit. 2006, I Chakram, cap. I, p. 23), poiché “tendiamo sempre a dimenticare che il corpo mentale è l’ultimo nato rispetto al corpo fisico e al corpo emotivo.” (GODDARD, op. cit. 2006, I chakram, cap. I, p. 29).
Il capitolo secondo, invece, affrontando il respiro, il suono e il canto, analizza le corrispondenze tra suoni e interiorità. Il respiro è “il nostro motore energetico”, mentre quello addominale è “la nostra casa”, cioè la dimensione che ci permette di divenire stabili e costanti: “la respirazione è alla base di ogni nostra attività terrena e noi siamo come barche a vela in mezzo a un oceano energetico. Il respiro, come il vento, è il nostro motore.” (GODDARD, op. cit. 2006, Respiro, suono, canto, cap. II, p. 36). Il canto, perciò, “si pone in una terra di mezzo dove fisico e psiche interagiscono per creare un linguaggio artistico e astratto che servirà in un secondo tempo da ponte di comunicazione.” (GODDARD, op. cit. 2006, Respiro, suono, canto, cap. II, p. 39).
La respirazione diaframmatico-intercostale è, in più, il meccanismo complesso che ci fa entrare in relazione con gli altri. Pur nelle differenze tra respirazione maschile e femminile, il suono e, quindi, la voce sono la carta d’identità psicofisica di ciascuno: “il timbro è quell’insieme di caratteristiche possedute o acquistate da una voce che la rendono immediatamente riconoscibile e individuabile. È la nostra “personalità vocale”, quella che useremo per dialogare. Tutti i segni del nostro vissuto vi sono incisi; è questo lo specchio sonoro che svela o cela anche le nostre caratteristiche più intime.” (GODDARD, op. cit. 2006, Respiro, suono, canto, cap. II, p. 46). Il suono, del resto, attraverso il raffinato sistema delle corde vocali, è la nostra presentazione grazie al timbro e alla tessitura: “la tessitura è l’ambito dei suoni che, andando dal grave all’acuto, una voce è in grado di intonare e di organizzare in una melodia. Quando si parla di estensione, si intende invece tutta la gamma dei suoni che la voce riesce ad emettere, ma che non necessariamente utilizza (o riesce a utilizzare) per formare una melodia. Vi è una profonda analogia fra pensiero ed estensione vocale. Ogni suono emesso è una frequenza che raggiungiamo e con cui entriamo in contatto. La qualità dei suoni, il modo in cui li concateniamo e gli estremi che riusciamo a toccare indicano i nostri limiti e la nostra capacità di relazionarci con l’esterno.” (GODDARD, op. cit. 2006, Respiro, suono, canto, cap. II, p. 49).
Ecco allora che, per le voci maschili, il basso attinge alle forze oscure dell’inconscio, il baritono possiede la cosiddetta sapienza del cuore, il tenore sembra combattere per i più alti ideali. Le voci femminili sono costituite dal contralto, ponte tra finito e infinito, rappresentazione dinamica ed equilibrata del calore della terra, dal mezzosoprano, in bilico tra luce ed ombra, e dal soprano abile mediatore fra sogno e realtà.
Insomma, il canto è il contatto che svela l’intima essenza a noi stessi e agli altri tramite ritmo, armonia e melodia.
Nel capitolo terzo, sul tema de Le armoniche interiori,
la Goddard
affronta, in un crescendo di emozioni, l’intricato rapporto fra amore e psiche: chi sa apprezzare ogni tipo di musica impara ad ascoltare meglio se stesso, gli altri e le nuances dei sentimenti (“La capacità di ascoltare la musica rappresenta simbolicamente la capacità di ascolto interiore che ognuno di noi possiede. Maggiore è la nostra capacità di ascoltare forme musicali differenti, maggiore risulta il nostro arricchimento interiore. Allo stesso modo, più sviluppiamo in noi la capacità di percepire e di integrare forme ed elementi che fuoriescono dal comune sentire della realtà - qui inteso come percezione del mondo in quanto tale -, più la nostra vita e la nostra espressione acquisiscono forza ed energia, diventando il risultato finale migliorato ed esteriore di questo ampliamento percettivo interiore.” (GODDARD, op. cit. 2006, Le armoniche interiori, cap. III, p. 84).
Risulta, tuttavia, chiaro che il segreto del suono implica la scoperta di un’energia fondamentale che, se usata male, può essere condizionante e devastante: è il caso dei mass-media e di molti cerimoniali religiosi e ideologie politiche, dal momento che “l’ipnosi collettiva alla quale siamo quotidianamente sottoposti non è sicuramente abbastanza forte da sedare il disagio, ma blocca alla perfezione qualsiasi tentativo di smascheramento.” (GODDARD, op. cit. 2006, Le armoniche interiori, cap. III, p. 97). Anche la figura femminile deve liberarsi da millenarie catene: “l’ossessione della donna per il maschio è tale che non riusciamo neanche a immaginare di poter essere felici e soddisfatte da sole. […] Tutto ciò dimostra pienamente quanto profondamente ci sia stato inculcato questo falso bisogno e quanto sia difficile sradicarlo. Voglio inoltre specificare che il concetto non è quello di affermare che se non si è con un uomo si è contro l’uomo, ma piuttosto che si può esistere anche senza un uomo. (Se poi ne capita uno di tanto in tanto, perché no?…).” (GODDARD, op. cit. 2006, Le armoniche interiori, cap. III, p. 114).
Che fare, dunque, per sfuggire al controllo asfissiante della società contemporanea?
Cercare di scoprire l’intimo suono che libera dai limiti indotti, mediante il recupero simbolico di forme e personaggi del mito, come quelli della civiltà classica (Capitolo quarto La coscienza della percezione, Capitolo quinto Una musica allargata): “ogni voce possiede alla base della propria espressione un aspetto particolare, che la rende assolutamente unica e diversa da tutte le altre.” (GODDARD, op. cit. 2006, Una musica allargata, cap. V, p. 142). Gli esempi tratti dal canto operistico di Don Giovanni e Carmen fino al linguaggio pop di Hair, dei Queen o dei Manhattan Transfer sono passaggi coinvolgenti di un percorso ineludibile e variegato.
Nel Capitolo sesto, Dalla musica alla vita, la cantante definisce meglio la personale visione del mondo: trovare il proprio suono interno significa capire e saper usare il potere curativo del canto per i molti mali del corpo e dell’animo, acquisire una nuova e autentica percezione della realtà e dell’interiorità, magari con un pizzico di umorismo (“La capacità di vedere il lato comico della vita, opposto al nostro melodramma personale, è una vera e propria conquista di autonomia spirituale: una buona barzelletta ammazza più nemici che una raffica di mitra.” (GODDARD, op. cit. 2006, Dalla musica alla vita, cap. VI, p. 182). E la musica, il canto, la voce diventano mezzi essenziali per plasmare positivamente il mondo fuori e dentro di noi, godendo appieno di ogni momento: “la molteplicità che scaturisce dall’attimo presente regala uno straordinario senso di libertà e di energia per chi riesce a percepirlo. Il frammento di tempo più minuto è paradossalmente quello più colmo di scelte e direzioni possibili. Contemplando l’attimo, il tempo si frantuma generando un’esplosione multicolore e creativa. Probabilmente, è proprio in simili circostanze che i destini si rovesciano e che le grandi rivoluzioni si compiono. Chi l’avrebbe mai detto?” (GODDARD, op. cit. 2006, Dalla musica alla vita, cap. VI, p. 183).
Il canto consola, allevia, risana, guarisce: “la prima cosa che generalmente si nota in una persona creativa è la sua indomita curiosità.” (GODDARD, op. cit. 2006, Dalla musica alla vita, cap. VI, p. 191), poiché “essere armonici implica che tutto ciò che viene recepito debba, prima o poi, trovare una giusta collocazione nel nostro sistema cognitivo. È come se ognuno di noi, scrivendo la sinfonia della propria vita, si assumesse in prima persona il compito di esaminare tutti gli elementi con cui viene in contatto per poi inserirli gradualmente nel pentagramma che ha dentro di sé. Alcuni elementi saranno semplici da integrare; altri risulteranno molto più ostici e richiederanno soluzioni più complesse e ardite per “suonare bene” (e cioè solo quando nel profondo sentiremo che sono collocati correttamente e che saremo così in pace con noi stessi).” (GODDARD, op. cit. 2006, Dalla musica alla vita, cap. VI, p. 199)
Una canzone, dunque, ci può salvare: “l’anima è una, ma la sua espressione è molteplice e tutte le voci possono, quanto lo vogliano, esprimerla.” (GODDARD, op. cit. 2006, Conclusione, p. 206).
Per saperne di più
FRANÇOISE E. GODDARD, L’anima nella voce, Urra - Apogeo, Milano 2006.