CULTURA - A cura di Paola Bonfadini

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Esame di coscienza di un manager italiano pentito:
Chi va piano di Bruno Contigiani


Ricchezza, potere, amore: il successo, in fin dei conti. La felicità. Perché no?
Invece un incidente ti mette fuori gioco e sei costretto a fare i conti con la fragile e vulnerabile essenza umana. In un attimo, con un tuffo in  mare, rischi di perdere ciò per cui hai lottato. A cinquant’anni. L’amata moglie, dopo anni di convivenza e condivisione affettiva, solida in apparenza, ti lascia e ti dice che “le cose non funzionano più”. Ti ritrovi, quindi, solo e privo dei legami più cari.
Questo accade al protagonista del libro Chi va piano (Orme, Milano 2009, pp. 180), scritto da Bruno Contigiani e ideale seguito della prima fatica letteraria intitolata Vivere con lentezza (Orme, Milano 2009). L’Autore è stato Capo Ufficio Stampa dell’IBM Italia, di Telecom Italia Corporate e di Telecom Progetto Italia  e ha sessantatre anni. Abbandona il lavoro prestigioso e va alla scoperta di se stesso. Risultato? Un più autentico modo di vedere il mondo e di vivere la vita. Un nuovo amore, profondi valori e vere amicizie. Egli fonda nel 2005 l’associazione culturale “Vivere con lentezza” e organizza le intense esperienze della “Giornata Mondiale della Lentezza” a New York e a Tokio.
Il volume è dedicato a “tutti quelli che hanno cominciato a porsi delle domande e, una volta trovate le risposte per sé, non tentano di imporle agli altri” (BRUNO CONTIGIANI, Chi va piano, Orme, Milano 2009, p. 5) e con stile scorrevole raccoglie testimonianze autobiografiche e contributi di amici dell’ex-uomo d’affari su vari aspetti dell’esistere e del pensare. Si alternano, perciò, riflessioni sulla fine e la rinascita d’un sentimento, sul modo di educare, in generale, i giovani, sul rapporto tra Umano e Sacro o sulla necessità di passeggiare quale meditazione in movimento. E i capitoletti presentano spesso citazioni da testi, canzoni, films che sono piaciuti allo scrittore.
Numerosi sono gli spunti di riflessione. Per esempio, riguardo noi donne, Bruno afferma che “le donne in particolare, da punti di partenza e angolazioni diversi, mi hanno in qualche modo rieducato alla vita emotiva, affettiva, sessuale. Donne innamorate della vita, del genere umano e anche dell’universo maschile. Donne allegre, volitive, che non vogliono dominare, ma che, quietamente, non permettono a nessuno di dominarle.” (BRUNO CONTIGIANI op. cit. 2009, Innamorato, sposato, non convivente, Cap. I, p. 15).
Illuminante, poi, è la riscoperta dei piccoli-grandi piaceri dell’esistenza: “Henry David Thoreau sosteneva che molti uomini hanno datato l’inizio dei una nuova era della loro vita dalla lettura di un libro. E Mary Ann Shaffer, ne La società letteraria di Guernsey, scrive: «Ecco ciò che amo della lettura: di un libro ti può interessare un particolare, e quel particolare ti condurrà ad un altro libro, e da lì arriverai ad un terzo. È una progressione geometrica. Senza altro scopo che il puro piacere.»” (BRUNO CONTIGIANI op. cit. 2009, Il mio miglior amico – oggi, domani vi farò sapere – è l’ex marito di mia moglie, Cap. II, p. 63).
Non mancano giudizi negativi sulle ipocrisie e i disagi della società contemporanea:”Non so per quale ragione, ma ho l’impressione che cura, dedizione e amore cedano il passo sempre più spesso a una rabbia diffusa.” (BRUNO CONTIGIANI op. cit. 2009, Il mio miglior amico – oggi, domani vi farò sapere – è l’ex marito di mia moglie, Cap. II, p. 65).  Oppure: “Dice il filosofo e storico della scienza Paolo Rossi nel suo Speranze: «Capire è difficile. Richiede tempo e acquisizione di conoscenze e pazienza. Proporre rimedi o costruire programmi è ancora più difficile: richiede tempo e pazienza e immaginazione e creatività e capacità di far convergere su un punto l’opinione di molti. Manifestare indignazione è invece molto facile… Indignarsi sembra l’unica cosa che gli intellettuali sappiano fare. Quando non si dedicano a questa poco fertile attività coltivano l’arte della predica apocalittica. Nei momenti di sconforto mi viene da pensare che non avesse poi tutti i torti Marshall McLuhan quando scriveva che l’indignazione morale è la strategia adatta per rivestire di dignità un imbecille.»” (BRUNO CONTIGIANI op. cit. 2009, Il mio miglior amico – oggi, domani vi farò sapere – è l’ex marito di mia moglie, Cap. II, p. 67).
Carini sono anche gli intermezzi-apologo come quello, sotto lo pseudonimo di Kingborn, dedicato al Coniglietto Otto, animale che impara l’arte del “correre con lentezza”: “Un desiderio è positivo solo se rispetta le tue caratteristiche, quelle degli altri ed è in armonia con la natura. Per questo sono contento di quello che sono.” (BRUNO CONTIGIANI op. cit. 2009, Il coniglietto Otto, Intermezzo secondo, p. 74) ; “ricordatevi che un desiderio è buono se ha tre caratteristiche: fa felice te, le persone che ti stanno intorno e l’ambiente dove vivi.” (BRUNO CONTIGIANI op. cit. 2009, Il coniglietto Otto, Intermezzo secondo, p. 78).
Un terribile problema rimane, però, la scarsa attenzione per i bambini, i ragazzi, sempre più isolati e soli: “Abbiamo smesso di dedicare il nostro, ormai preziosissimo, tempo ai nostri bambini, abbiamo smesso di rispettare i loro ritmi di crescita, di trascorrere del tempo a chiacchierare placidamente sui loro tanti interrogativi, sulla bellezza di avere dei sogni, sulle loro paure, sull’importanza di avere comunque fiducia, perché noi saremo sempre lì, al loro fianco, a sostenerli nei momenti di sconforto, perché noi abbiamo già sperimentato la forza dell’impegno, del sacrificio e della conquista.” (BRUNO CONTIGIANI op. cit. 2009, Per crescere un bambino di vuole un villaggio, Cap. III, pp. 80-81).
Il significato dell’esistere, in definitiva, deve cambiare: “Cerchiamo di coniugare la nostra ambizione con i bisogni di chi ha meno di noi, per acquistate il senso della vita e per non perdere il senso della realtà. E alla fine, ci abbandoniamo un po’ a riflettere sulla misteriosa capacità della vita di organizzarsi da sola, di mettere a posto le cose, di superare ostacoli fino a poco prima considerati insormontabili, Un po’ di sano fatalismo non guasta mai.” (BRUNO CONTIGIANI op. cit. 2009, Per crescere un bambino di vuole un villaggio, Cap. III, p. 92). Bisogna, perciò, ritornare ad educare i giovani con l’esempio, la disciplina, l’ascolto, giacché “dobbiamo ridare loro sogni, prospettive e fiducia, anche se i tempo sono difficili. Difficilissimi. Non importa.” (BRUNO CONTIGIANI op. cit. 2009, Per crescere un bambino di vuole un villaggio, Cap. III, p. 104).
Spicca, d’altra parte, un invito ad impegnarsi per una dimensione più completa. Fa capolino l’antica sapienza di Agostino d’Ippona: “Prega come se tutto dipendesse da Dio e lavora come se tutto dipendesse da te.” (BRUNO CONTIGIANI op. cit. 2009, Nuovo Ospizio Paradiso, Cap. IV, p. 117). Emerge il quadro di una comunità fatta di relazioni, d’amicizie e aiuto: “Una moglie (e spero che mia moglie mi capisca) o un marito (in questo spero che mia moglie non capisca), per carità, sono molto importanti, sono importantissimi, fondamentali, ma non sono tutto e non possono sostituire la rete sociale e spesso non possono, da soli, costituire uno scopo di vita. C’è un’umanità intera, nella via sottocasa o ai quattro angoli del mondo, che è in attesa di un nostro gesto, di un nostro pensiero, di una nostra parola. Quando di mettiamo nella predisposizione di dare invece che ricevere, la solitudine scompare di colpo. Avremo addirittura il problema opposto.” (BRUNO CONTIGIANI op. cit. 2009, Nuovo Ospizio Paradiso, Cap. IV, p. 127).
La vita, dunque, è un bene prezioso, ma sovente sottovalutato. Contigiani grazie all’incidente ribadisce che “niente in realtà è più stato come prima. Ma per me è stato come rinascere, come aprire gli occhi dopo un lungo sonno, come togliermi una lente-filtro che deformava le immagini del mondo circostante. Ho rivisto le priorità e sono tornato, dopo anni, a essere felice di quello che avevo e che ho. In un attimo di superficialità potevo perdere tutto.” (BRUNO CONTIGIANI op. cit. 2009, Nuovo Ospizio Paradiso, Cap. IV, p. 128).
Sul rapporto con il Sacro, lo scrittore è convinto, poi, “di aver scoperto di non sapere fare a meno di un dio, ma di poter fare benissimo a meno di una religione.” (BRUNO CONTIGIANI op. cit. 2009, «Mica tanto.», Intermezzo quarto, p. 131).
In conclusione, il camminare è uno dei più utili elementi per pulire il cuore e lo spirito: “Passeggiare può essere al tempo stesso un’esperienza solitaria, sociale e comunitaria. Silenziosa, fonte di conversazione e di discussioni. E meditativa, che imprime uno stop al nostro chiacchierio mentale. Creativa e salutare, essendo adatta anche ai fisici con qualche limitazione, Interiore, introducendoci in un viaggio di conoscenza nel nostro essere, ed esteriore, proiettandoci nella bellezza insuperabile e mozzafiato della campagna (ma anche di qualche città) nel susseguirsi delle stagioni.” (BRUNO CONTIGIANI op. cit. 2009, Sgranchirsi le gambe, la mente e il cuore, Cap. 5, p. 133).
Chiude il testo una serie di semplici e profondi “Comandamori. Comandalenti per grandi amori”, che sintetizza la rilevanza delle relazioni in quanto “nessun uomo è un’isola”, come proclama il monaco trappista Thomas Merton (BRUNO CONTIGIANI op. cit. 2009, Comandamori. Comandalenti per grandi amori, Chiusa, p. 169).
Chi è davvero Bruno? Attraverso le pagine dell’agile testo, emerge il ritratto d’un uomo, che ha vissuto secondo l’alfieriano “bollore di cuore e di mente” e, tra luci ed ombre, cerca di fare di sè un “homo novus”.

Per saperne di più

BRUNO CONTIGIANI, Chi va piano, Orme, Milano 2009.