Londra, “ Her Majesty’s Theatre”: si replica “Il Fantasma dell’Opera”, tratto da un racconto di Gaston Leroux (1868-1927) , giornalista, critico teatrale e scrittore, con musiche di Andrew Lloyd Webber e libretto di Charles Hart. Nel 2004 c’è stata anche una versione cinematografica diretta dal regista Joel Schumacher.
L’atmosfera è carica di aspettativa. I musicisti diretti da Anthony Gabriele accordano gli strumenti. Il pubblico prende posto . Un brusio confuso. Le “maschere” annunciano la possibilità di acquistare il programma della serata.
Si spengono le luci. Silenzio in sala, lo spettacolo inizia.
Nell’opera-musical, in un prologo e due atti, l’azione si svolge a Parigi tra il 1881 e il 1911.
Nel 1911 (Prologo) sono messi all’asta vecchi arredi di scena dell’Opera parigina. Spicca un vecchio carillon a forma di scimmia. Un anziano sulla sedia a rotelle compera l’oggetto: è il conte Raoul (Alex Rathgeber).
La scena si sposta nel 1881 (Atto Primo). Gli impresari Firmin (James Barron) e André (Sam Hiller) vogliono allestire un nuovo spettacolo. La primadonna, il soprano Carlotta Giudicelli (Wendy Ferguson), e il tenore Ubaldo Piangi (Benjamin Lake) fanno le bizze come si conviene a due acclamati artisti. Ma la realizzazione del progetto è funestata da continui incidenti. Un che di sinistro aleggia sulla vicenda. Il Fantasma dell’Opera (Ramin Karimloo) trama perché la cantante lasci l’incarico. E così accade. Tutto sarebbe perduto se non intervenisse, dopo un’affrettata audizione, Cristine Daaé (Leila Benn Harris), graziosa fanciulla, che con voce melodiosa può sostenere la parte principale. La “prima” ha uno strepitoso successo e la bella esecuzione della ragazza infiamma d’amore e d’interesse l’aitante Raoul Visconte de Chagny. Nasce l’amore tra i due, ma Christine è titubante poiché deve la propria riuscita alla cura e alla pazienza di un misterioso “Angelo della Musica”.
Chi è costui? Un uomo misterioso, sfigurato in volto, forse in seguito ad un incidente capitato in teatro. Egli vive nei sotterranei dell’edificio. Presenza discreta e misteriosa, è il “Fantasma” che ha educato la fanciulla alla musica e al canto. L’Atto Secondo è, quindi, giocato sul tema dell’amore contrastato fra i due ragazzi e si conclude con il sacrificio del Fantasma che rinuncia alla giovane e fugge nell’oscurità.
Ma che fine avrà mai fatto?
Se la vicenda risente del clima da feuilleton, la musica ti prende tantissimo. Gli attori della compagnia (un produzione di Cameron Mackintosh e della The Really Useful Theatre Company Ltd., regia di Harold Prince) sono credibili e bravi, il loro inglese si capisce e le melodie celeberrime di Lloyd Weber con le parole di Hart ti entrano nella mente e nel cuore.
L’incanto delle soluzioni scenografiche di Gillian Lynne ti ammalia. Il proscenio, infatti, è circondato da false sculture dorate d’epoca che, a un certo punto, si staccano e si trasformano in un carro alato su cui canta il Fantasma. La dimora sotterranea del protagonista, inoltre, si raggiunge su di una barca e sembra proprio che sul palcoscenico ci sia l’acqua! La scena del ballo in maschera, poi, con la nota canzone “Masquerade”, comunica un che di surreale ed inquietante che nulla ha da invidiare alle stranianti atmosfere de “Il Prigioniero”.
Questa storia di fortissime passioni e amori contrastati paradossalmente funziona. In un mondo odierni di sentimenti “usa e getta” e di “paura d’amare” la storia del Fantasma affascina ancora. E sorge spontanea una domanda a noi spettatrici forse dal cuore un po’ troppo tenero, sotto la dura e disillusa scorza: se ci fosse stata la chirurgia plastica, Chistine avrebbe ancora preferito lo scipito ed insipido belloccio Visconte al tenero appassionato Fantasma?
Forse il finale sarebbe stato un po’ diverso.
Naturalmente in un universo letterario parallelo.