Il pianeta di Paola Bonfadini

SETTANTESIMA TAPPA


Cose gardesane

Il clarinettista tra le pietre:

la Rocca di Manerba del Garda


Cammina cammina lungo la stretta e verde strada arriviamo alla famosa Rocca di Manerba.

Lo spettacolo lascia a bocca aperta. Nella luce di un tardo pomeriggio estivo il paesaggio tocca e commuove.

Vari e sicuri camminamenti di legno compaiono qua e là, insieme ad utili pannelli illustrativi in metallo con notizie storiche e ricostruzioni del complesso.

La Croce alla sommità è circondata dalle mura di cinta, scoperte nelle recenti campagne di scavo alla metà degli Anni Novanta del Novecento.

Ricostruiamo nella memoria: fino a non poco tempo fa arrivare alla Rocca era quasi un'avventura d'arrampicate fra i sassi.

In cima, ti sentivi quasi uno scalatore sulla vetta e contemplavi soddisfatto il panorama circostante.

Ora la rocca è ritornata agli uomini, prima lo era solo di qualche ardimentoso, degli animali, del sole, del vento e della pioggia.

Le ricostruzioni suggeriscono l'originaria forma: una struttura possente, essenziale, cubica con un'alta torre e con mura a picco sulle sponde.

La storia? Antichissima. Ritrovamenti del Paleolitico e del Neolitico, reperti d'età romana. Sembra che qui, come recitano vecchie guide, gli ultimi Longobardi abbiano resistito ai Franchi di Carlo Magno ormai vittoriosi.

Poi la decadenza inesorabile nei secoli, tanto che durante il Rinascimento, sotto il dominio veneto, l'illustre costruzione diviene sede inespugnabile di criminali.

Il Provveditore Veneto, quindi, nel 1787, dà ordine di distruggere il covo di malfattori.

Ma simili notizie, pur interessanti, lasciano presto il posto a sensazioni più viscerali, istintive e coinvolgenti. La vista, infatti, s'inebria nel contemplare la poesia delle pietre rimaste, ama gettare lo sguardo sul lago immenso. La giornata estiva è limpida, non afosa: scorgiamo la penisola di Sirmione, l'azzurro cupo del Garda, i paesini della sponda veronese.

 Il cielo vasto, inoltre, limpido con qualche uccello che vola libero.

Respiri finalmente l'aria pulita e fresca.

All'improvviso un suono, una melodia nota e sconosciuta nel contempo.

Viene dall'alto. È un angelo?

Forse.

Guardi meglio: proprio dietro alla Croce, un giovane uomo suona il clarinetto seduto tra le rocce.

È ricciuto e castano, straniero, concentrato, nonostante i nostri commenti sorpresi.

La musica continua, la poesia del clarinetto avvolge e culla, lega persone e cose differenti, disperdendosi lieve nell'ambiente.

Incontriamo altri amici: sorrisi e simpatia, il fascino della natura, i saluti.

E il clarinettista continua a suonare: note dolcissime, dal profondo, dal cuore?