Il pianeta di Paola Bonfadini

SESSANTASETTESIMA TAPPA


Cose Gardesane


Cieli Celesti:

i dipinti di Andrea Celesti nel Duomo di Desenzano del Garda


Lasciar parlare la luce, ascoltare il colore.

Sentire i palpiti di santi uomini donne bambini angeli alberi cieli nuvole acqua terra dipinti nelle grandi tele (teleri) dal pittore veneto Andrea Celesti (1637-1712), gradito ospite gardesano.

A Desenzano, il personaggio lascia uno splendido ciclo d'opere nel Duomo del paese, tra il 1690 e il 1692. Merita una visita approfondita. È forse qui che si coglie meglio la grazia antica ed aperta del centro lacustre. Nella mattinata d'un giorno di vacanza, nella calura che non dà quiete, ti rifugi nella linda costruzione religiosa e scopri splendori segreti, graditi. L'animo e il corpo si rinfrancano.

Così è, se vi pare.

Entri. Ti aspetteresti il silenzio raccolto. No: anche una chiesa a Desenzano diffonde gioia e, quindi, la musica è condizione normale. Pochi visitatori, rari fedeli. Si prepara il luogo per qualche evento.

Tu curiosi indisturbata. Finalmente.

Finalmente puoi osservare le imponenti e liete pale del pittore senza alcun obbligo. Non studio, non ricerche, non conferenze o convegni.

Sei solo con la magica cromia del Celesti.

L'emozione respira e fa scoperte.

L'edificio sacro, come anche la Parrocchiale dei Santi Pietro e Paolo di Toscolano Maderno o il Duomo di Salò, sono tante affascinanti "Cappelle Sistine" lasciate dall'artista.

Che pace, che pienezza!

È come vedere per la prima volta le cose, che pensi di conoscere, con occhi nuovi.

In fondo sulla destra, in una cappella, spicca l'altare con lo Sposalizio mistico di Santa Caterina. Tutto è evanescente. Il sacro si fa danza vellutata di simboli e di valori, come alcune musiche di Arcangelo Corelli, contemporaneo di Andrea.

Libera da stratificazioni razionali, le tinte paiono più vivide, le forme nitide, chiare. Le figure risultano modellate dai filamenti di luce che riproducono l'aria, le nuvole, il respiro della beatitudine profonda e della preghiera sussurrata.

Prosegui. Il presbiterio: ottieni il permesso d'avvicinarti e hai la soddisfazione di osservare 'davvero'. Che cosa? A sinistra, un'ampia tela con, credi, la Resurrezione di Lazzaro. Percepisci l'ardore della vita che sconfigge l'oscurità e la morte. Al centro, troneggia Maria Maddalena in cielo, con, ai lati, due piccole tele con la Santa e il Cristo, a sinistra, e a destra la Santa penitente.  Ancora a destra, la donna incontra Gesù tra i convitati disattenti e fatui. Il tavolo di scorcio ricorda Tintoretto, un servo dà gli scarti del cibo a un gatto e a un cane secondo la lezione della "pittura della realtà" lombarda.  Più in là scopri, sorpresa, una Santa Cecilia d'un secolo prima e d'ambito cremonese.

Dalla parte dell'entrata, alla tua destra, il Battesimo di Cristo compare in un tripudio d'atmosfere sognanti. Nella controfacciata, immagini del Salvatore e, ai lati in basso, due Santi: ma l'ambiente è scuro e fai fatica a distinguere i soggetti.

Ti colpisce, però, l'eleganza delle ambientazioni, il sapiente uso delle ombre e delle luci. Ogni elemento diviene musica, che comunica immediata al cuore in ascolto e, solo in un secondo tempo, alla ragione.

Andrea Celesti, perciò, non si può capire soltanto studiando, analizzando, investigando dati e documenti, tecniche e stili. Sì, è una via, ma non l'unica.

Occorre lasciarsi affidare alla corrente dei colori senza pregiudizi senza convenzioni. L'arte non si può catturare, bloccare in fotografie, in studi, complicati saggi accademici.

La pittura di Andrea Celesti si vive e poi, forse, si comprende.

Ma è una comprensione immediata di cuore.

Per saperne di più

- ISABELLA MARELLI, Andrea Celesti (1637-1712), Soprintendenza per i Beni Artistici e Storici di Mantova, Brescia 2000.