Il pianeta di Paola Bonfadini

SESSANTASEIESIMA TAPPA


Dittico dannunziano

Parte seconda

"Il sogno del silenzio":

il Vittoriale a Gardone Riviera


Il Vittoriale degli Italiani, dimora del poeta Gabriele d'Annunzio (Pescara 1863 - Gardone Riviera 1938), a Gardone Riviera sul Lago di Garda?

Musiche della Camerata de' Bardi, Wagner, Verdi, Chopin, dischi di jazz. Fotografie, tante, di capolavori d'arte rinascimentale, di amici, donne amate, della madre, di Eleonora Duse. Calchi in gesso di statue antiche e dei Prigioni di Michelangelo, spesso coperti da drappi colorati.

La tartaruga Carlotta, imbalsamata, regna sovrana sul tavolo della sala da pranzo.

Le pesanti e sontuose stoffe a disegni neomedioevali di Mariano Fortuny. Lampade a forma di canestri di frutta colorati; libri, libri, libri dei primi proprietari tedeschi Thode. Maioliche antiche e raffinate blu e azzurro smaltato nella camera da bagno.

Un pianoforte, due organi a canne, un mappamondo, il busto del 'padre' Dante.

I soffitti di legno scuro bassi e, spesso, a cassettoni dipinti. Un piccolo spazio tra i volumi, come una nicchia, chiamato il "pensatoio". Vicino alla cucina, un angolino con un modernissimo, per quei  tempi, telefono. La sobria e funzionale cucina in legno verde chiaro. Senza dimenticare lo spazio con varie "reliquie" delle principali religioni del mondo: su di uno strano sincretico altare spicca il volante ammaccato, monumento profano al culto del rischio, del volo e della velocità.

Ovunque, sugli stipiti delle porte, sui muri, sui vetri colorati delle finestre, compaiono scritte in italiano e in latino, che riassumono il "d'Annunzio-pensiero".

Questo e altro ancora è il Vittoriale degli Italiani, ultimo rifugio del poeta abruzzese.

E l'elenco potrebbe continuare per pagine e pagine: "le piccole cose di pessimo gusto", come scriverebbe Guido Gozzano?

Eppure…

Il posto è affascinante. Se si trovi in vacanza sul Benàco, una visita al Vittoriale è d'obbligo, qualunque sia la tua formazione. C'è sempre qualcosa da scoprire su di un personaggio tanto imponente da informare "a sua immagine e somiglianza", dopo Carducci, la cultura e la società tra fine Ottocento e primi decenni del Novecento. Ancor oggi per noi, pubblico del nuovo e tristo Terzo Millennio, il fascino dello scrittore non cala.

Perché mai?

Intanto il luogo: nella parte alta del paese gardesano, la Villa Cargnacco del celebre storico dell'arte tedesco Heinrich Thode. Con la Prima Guerra Mondiale la casa viene requisita. Nel 1921 gli amici convincono il Vate a visitare la villa. Gli piace. Decide di starsene qui un po'. Cominciano i lavori di ristrutturazione, d'Annunzio è in affitto. Nel 1924 e nel 1930 stipula due contratti con cui il complesso viene dichiarato Monumento Nazionale. Lo Stato penserà a pagare i debiti dell'arredamento costoso. Comincia la "prigionia dorata" del poeta. Mussolini giunge nel 1921, nel 1925, nel 1932 e per assistere ai solenni funerali nel 1938. Il giovane architetto trentino Gian Carlo Moroni (Arco 1893 - Gardone 1952) è il "deus ex-machina" della situazione.

Negli anni, la sobria magione dei Thode è riplasmata secondo il 'credo' dannunziano. Ogni pietra, fiore, muro, oggetto parla del poeta.

Pensi, forse, a ciò sotto il sole estivo, mentre aspetti di entrare negli appartamenti del Vate.

Sembra d'andare ad un pellegrinaggio. Fai il biglietto, depositi la borsa, la macchina fotografica. Ti svesti dell'attualità, del tempo di cui sei parte. Gli anni si azzerano. Il gruppo dei dieci visitatori, italiani e stranieri, segue intimidito e curioso la guida.

Solo visite guidate nella casa. E in pochi. Per forza: molte sono le sale, i ninnoli. Tutto è stretto, basso, buio, scuro. C'è un soffocante "horror vacui" fra testi, cortine, oggettini.

Un santuario? Non lo so. L'impressione, piuttosto, è quello d'assistere ad uno spettacolo. Tutto è spettacolo, dal bagno alla cucina, dalla camera da letto alla biblioteca. Un tempio per una grande star del secolo passato. Il mondo è conservato ad arte per riprodurre il concetto del "vivere inimitabile", del "fare la propria vita come si fa un'opera d'arte".

Eppure…

Il fascino rimane e di stanza in stanza aumenta. Sì, qualche battuta sorge spontanea: le tante donne, gli altrettanti debiti. Spicca, però, l'attenzione all'apparenza che Gabriele si è costruita e che inganna noi smaliziati spettatori.

Eppure…

Esco. Visito l'auditorium, con l'aereo sospeso alla sommità dell'edificio. Osservo le fotografie del d'Annunzio. Lo vedo giovane al Collegio Cicognigni di Prato, universitario nella Roma mondana di fine secolo, eroe di guerra. Guardo la moglie, la madre, le altre donne, i figli legittimi e non.

Mi colpiscono gli occhi dell'autore, immensi, acuti, intensi. 

Uno sguardo capace di repentine sfide, ripensamenti, indomabili passioni, eroismi, profonde malinconie e, forse, perversità. In fondo alla mostra, è esposta una foto del 1938, pochi mesi prima dell'improvvisa emorragia cerebrale. Gabriele è elegantissimo nella veste da camera, pochi capelli, molte rughe, seduto nel cortile della Prioria. In basso, si legge una frase contro l'odiata vecchiaia.

Ecco, forse il Vittoriale è più simile ad una piramide egizia, al Tempio Malatestiano di Rimini: un'opera per celebrare chi ha fatto la storia e la cultura del Novecento. Ma è un capolavoro funebre, dedicato a ciò che il poeta è stato e non è più.

Credo, perciò, che sia stato difficile per un vincitore come lui accorgersi d'invecchiare, con l'animo ancora ampio e con il corpo ormai appesantito dall'età.

Qualche anno fa, in un'altra visita, la guida ci dice che, negli ultimi tempi, lo scrittore consumava i pasti in una piccola stanza, privo di denti a causa del consumo d'oppio. L'occhio perso e l'altro, infastidito dalla troppa luce, lo costringono a schermare il sole, ad avvolgere le pareti in pesanti tendaggi. Le donne, troppe, forse sono il disperato tentativo di mantenere una giovinezza finita.

Eppure…

Notturno (1921), le Faville del maglio (1924-1928), Libro segreto (1935): l'ultima produzione dell'autore ha la bellezza dell'esistenza che trascolora, il guizzo del vecchio leone, la grinta che combatte pur consapevole della fine.

Al di là delle vere o presunte trasgressioni, la condizione di senilità porta, con il rimpianto, la selezione degli affetti e delle emozioni.

Mi convinco che il "vero" d'Annunzio sia così. Mi sbaglio, certo, ma l'idea mi piace.

Per saperne di più

- ANNAMARIA ANDREOLI, Il Vittoriale, Electa, Milano 1993.