di Attilio Mazza
La scintilla dell’arte scoccò circa diciassettemila anni fa. Ma quanti millenni furono necessari perché l’animale poi chiamato uomo fosse in grado di creare gli straordinari “affreschi” che si ammirano sulle pareti delle grotte di Altamira e di Lascaux? Circa sei milioni di anni, secondo Robin Dunbar, direttore dell’istituto antropologico cognitivo ed evoluzionistico dell’Università di Oxford, autore del saggio La scimmia pensante. Storia dell’evoluzione umana, edito dal Mulino.
Il primo sviluppo evolutivo sarebbe avvenuto in quell’abisso di tempo «quando i dinosauri incedevano nelle foreste brumose dell’Europa e del Nord America, come sovrani indiscussi del pianeta. I nostri primi antenati. che a stento potevano essere riconosciuti come primati, schizzavano tra gli alberi e gli arbusti come fanno gli scoiattoli ai nostri giorni. In seguito, negli eoni che hanno seguito il passaggio in massa dei dinosauri nel loro Wahalla, questi mammiferi primitivi simili a scoiattoli si sono diversificati ed evoluti sino a divenire un gruppo animale di grande successo evolutivo. Sono divenuti gli antenati delle scimmie che oggi ci sono familiari. Molto più tardi, da sei a sette milioni di anni fa, uno dei loro numerosi discendenti ha iniziato a sviluppare caratteristiche nuove e lentamente, ma costantemente, la sua linea evolutiva si è discosta da quella delle scimmie antropomorfe africane – scimpanzé e gorilla. All'inizio queste innovazioni hanno comportato un ristretto numero di tratti di scarso interesse, ma alla fine hanno cominciato a manifestarsi tratti veramente nuovi».
UNA CULTURA – Ed ecco il cervello, un cervello diventato rapidamente sempre più grande. Poi la capacità di usare strumenti, la nascita del linguaggio, il formarsi di una cultura. La linea evolutiva produsse alla fine «i nostri artisti delle grotte e, un po' più tardi noi, esseri umani moderni». La strada che fa capo a noi attraversando circa sei milioni di anni – partendo dall'antenato che condividiamo con le scimmie antropomorfe africane –, «è stata incerta, segnata da successi imprevedibili e da catastrofi che ci hanno gettato su percorsi evolutivi impensati».
Condividiamo con gli scimpanzé oltre il 98% del nostro Dna. Ma basta quel circa 2% per renderci profondamente diversi dai nostri cugini antropomorfi. Possediamo, infatti, la vita mentale, la capacità d’immaginare, l’estro creativo. Il nostro corpo non è solo una macchina meravigliosa (al pari di quella degli animali più evoluti) che sa compiere prodigi fisici. E’ una”macchina” pensante (non sempre, invero, considerano la stupidità umana capace di provocare guerre e massacri)!
La realizzazione delle opere d’arte che si ammirano sulle pareti delle grotte di Altamira documentano uno dei momenti fondamentali della storia dell’evoluzione umana: la capacità d’immaginare un mondo esterno. Da quella lontana epoca – circa diciassette mila anni fa – cominciano le testimonianze di vita mentale e d’ingegnosità rituale nelle cerimonie di sepoltura.
PREDECESSORI – Caverne e rifugi rupestri con raffigurazioni straordinarie risalenti per noi a quell’abisso di tempo ve ne sono molti entro i confini dell'Europa meridionale, ben circa 150. Tali espressioni raccontano di esseri non diversi da noi, capaci di un senso estetico. Trovavano bello ciò che oggi anche noi consideriamo bello, addirittura emozionante!
I dipinti rupestri di Altamira, Lascaux, Chavette, e di altri siti, pongono dunque una serie di domande fra cui, fondamentale: quando gli ominidi, nella scala evolutiva, ebbero l’idea di lasciare una traccia quasi indelebile del loro passaggio sulla terra? Difficile da stabilire perché né la mente, né il comportamento si fossilizzano. Qualche idea, tuttavia, si può ricavare dallo sviluppo del cervello. A un certo punto dell’evoluzione si rese possibile «un potere di calcolo mentale sufficiente a garantire il passaggio decisivo verso quella flessività cognitiva che consentì di operare un’analisi del mondo in cui viviamo a livelli d’intenzionalità del secondo e del terzo ordine».
L’arte delle caverne rappresenta quel momento e si può considerare «l’ultima fioritura di uno straordinario periodo di sviluppo nella storia dell’evoluzione umana, un fenomeno che gli archeologi definiscono la rivoluzione del Paleolitico Superiore».
Tale crescita iniziò cinquanta mila anni fa con la produzione improvvisa di strumenti significativi di pietra, osso e legno: aghi, punteruoli, punte di freccia o di lancia. Poi, trentamila anni fa, cominciò l’esplosione artistica, piccoli oggetti non legati alla sopravvivenza: spille, bottoni intagliati, animali giocattolo, bambole rudimentali, addirittura statuine sorprendenti, le cosiddette Veneri dell’Europa centrale e meridionale. Quei manufatti del Tardo Paleolitico rappresentano figure femminili larghe di fianchi, capelli spesso splendidamente intrecciati. Raffigurano le pin-ap di quell’epoca: Ventimila anni fa iniziarono le cerimonie di sepoltura, di cui sono state trovate testimonianze e di musica. Esse documentano una vita mentale che circa diciassette mila anni fa produsse anche le notevoli raffigurazioni rupestri.
Prima di allora non «si era mai visto nulla di simile nella storia evolutiva dell’uomo». Commenta ancora Robin Dunbar: sembra che nei dipinti di Altamira, e di altre grotte, «sia racchiusa l’essenza di ciò che ha fatto di noi quello che siamo, che ha infine prodotto gli esseri umani come noi li conosciamo, con tutta la ricchezza culturale che ci rende, in modo oscuro ma indubitabile, molto diversi da tutte le altre specie che sono in vita oggi». E che sono state in vita negli eoni precedenti.