«Una riflessione teorica e politica sull'umanità multiculturale, ovvero sulla condizione e sul significato dell'umanità nell'età del multiculturalismo, deve muovere dall'evidenza che tanto “umanità” quanto “cultura” quanto il loro rapporto – soprattutto nel contesto della globalizzazione, nel quale appunto si dà l'umanità multi culturale – sono nozioni ambigue, complesse, attraversate da una dialettica di cui si deve venire a capo per potere argomentare analisi e avanzare proposte». Così scrive Carlo Galli, docente di storia delle dottrine politiche all’Università di Bologna a presumessa del suo saggio pubblicato dal Mulino, «L’Umanità multiculturale».
L'umanità che l'età globale porta con sé, ha tratti completamente nuovi rispetto al passato: è una umanità plurale e non singolare, differenziata e non omogenea. Una frammentazione con cui la cultura e la politica sono tenute a confrontarsi, nella consapevolezza che non si può né tornare indietro, né fingere che nulla stia accadendo. Sgombrando il campo da soluzioni vacue e pericolose (l'assimilazione piena dello straniero, l'integrazione acritica all'interno della cittadinanza), queste pagine indicano le possibili strade da percorrere per depotenziare il conflitto fra culture e per promuovere, nell'umanità, la concretezza e la differenza degli individui.
«L'importante – conclude Galli – è non fingere che nulla stia succedendo, né credere che sia possibile tornare indietro: l'età globale è l'età della mobilitazione globale, in cui l'umanità può essere prodotta e immaginata solo come universale critica degli universalismi non critici e, allo stesso titolo, dei particolarismi tribali. Quali configurazioni storico-politiche questa critica assumerà, non lo sappiamo; ciò che sappiamo è che l'alternativa all'umanità multiculturale, a un nuovo rapporto concreto fra particolare e universale, è il conflitto fra le culture, lo scontro di civiltà, ossia il trionfo armato del biopotere come potere di morte. È contro questa prospettiva di guerra globale, di guerra perpetua, di guerra senza frontiere, di guerra di tutti contro tutti, che oggi l'umanità più che un dovere deve considerare una sfida. La sfida di dare un volto umano all'umanesimo; di stare nella contingenza secondo la modalità di un conflitto che, per quanto reale, non sia distruttivo ma sia anche un “prendersi cura” di Sé e dell'Altro; di esprimere una passione per l'uomo non inutile ma tanto sapiente da consentire che attraverso di essa si salvi l'umanità nella concretezza e nella differenza delle creature e degli individui, e che la natura umana non sia più stravolta dall'ostilità verso se stessa e verso la natura del mondo».
Attilio Mazza