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Joseph Smith
«Il lupo»
Bompiani, 126 pagine, € 15,00

E’ stato definito il “romanzo dell’estate”. Un testo breve, romanzo dell’esordio del trentenne inglese Joseph Smith, laureato in Filosofia alla Durham University. Josh Lacey così ha salutato sul «Guardian» l’uscita del suo romanzo Il lupo, ora proposto da Bompiani nella traduzione di Vincenzo Vega: «Come Firmino, il lupo è un animale molto umano… non ama la debolezza, preferisce l’astuzia. Prova speranza, paura, orgoglio, disgusto, rabbia. Il lupo ci offre descrizioni del suo mondo interiore non può parlare ma riesce a proiettare se stesso e a dare voce alle creature che compaiono sulla sua scena […] è uno straordinario romanzo».
Il testo è quindi un lucido e impietoso ritratto del genere umano che si riflette nella vita del lupo. Il predatore, un giovane cucciolo, segue l’istinto per sopravvivere nella foresta ostile. L’autore divide il mondo animale fra predatori e prede, cacciatori e vittime, allegoria dei comportamenti umani: Ma esiste sempre una volpe che riesce a sfuggire alle brame del lupo e a finirlo.
Così, infatti, anche il lupo soccombe: «Ormai ho capito che non riuscirò a tornare a casa, che il mio corpo ha forza solo per un altro tuffo nei miei pensieri. Sento che sto morendo e sono quasi morto – lo sento, e niente potrà riportarmi nella foresta. Ma non mi lascerò uccidere dall'uomo! Non lascerò che a uccidermi sia solo la ferita della sua arma – e questo pensiero mi fa sentire la terra sotto le zampe e la forza improvvisa che mi scaglia verso il piccolo [della volpe], un movimento così rapido e potente da non dargli il tempo di reagire, e di nuovo finisce abbattuto nella neve. Mi volto stancamente verso la madre [volpe], ma lei mi è già addosso: sento i suoi denti sulla gola, la forza di quelle punte aguzze è l'unica cosa che il mio corpo riesca a sentire mentre il respiro mi si spezza nei polmoni e il mio ultimo sangue cola giù dalla testa. E mentre un freddo diverso da quello della neve e del ghiaccio d'inverno comincia a congelarmi – e una stanchezza diversa dallo sfinimento inizia a chiudermi l'occhio – penso al cigno, e penso alla nuvola che sto vedendo, e a come talvolta le nuvole sembrino cose vive»
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Attilio Mazza