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Federico Vercellone

«Oltre la bellezza»

Il Mulino, 204 pagine, € 14,00

La storia della bellezza – scrive Federico Vercellone nel saggio edito dal Mulino «Oltre la bellezza», non coincide per un lungo tratto della sua vicenda, con quella delle “arti belle”. «Il destino della bellezza è connesso inizialmente, e per un lunghissimo periodo, non all'arte ma alla natura e, più in particolare, agli esseri viventi. La bellezza viene ad assumere nell'antichità anche un significato morale, e tutto ciò si è offuscato nel patrimonio culturale, ma è invece rimasto vivo anche oggi nel senso comune. Continuiamo infatti a usare il termine bello non solo a proposito di individui in carne e ossa, ma anche di comportamenti cui intendiamo fornire la nostra approvazione morale, per esempio a proposito di un gesto generoso».
E ancora: «La bellezza assevera alle origini della filosofia, con i pitagorici – grazie a quella che è stata definita la “Grande Teoria” –, una sostanziale armonia e misura che riguarda innanzitutto il cosmo. Essa prende atto di una “sorprendente” regolarità della natura che rinvia, con ogni probabilità, anche alla possibilità – che si profila nel mito prima ancora che nella filosofia – di dominare quest'ultima. Rivela cioè un'intelligenza “oggettiva”, insita nelle forme viventi e nella loro regolarità.
Federico Vercellone, docente di Estetica presso le Università di Torino e di Udine, autore di numerose pubblicazioni si chiede se esista un ideale di bellezza tipicamente novecentesco. O se, invece, il Novecento è il secolo nel quale la bellezza non c'è, se non nelle forme grottesche e inautentiche del kitsch? In realtà il declino della bellezza comincia ben prima del secolo scorso, addirittura alla fine del Settecento, in ambito romantico. Da allora in poi la bellezza avrà un valore evocativo, che la conduce a incombere sul panorama con tutta la forza della sua natura.
Il volume ripercorre la vicenda dell'ideale estetico dal suo tramonto in età romantica ("Mai il bello", ebbe a dichiarare Schlegel), attraverso la crisi otto-novecentesca sancita da Nietzsche e Spengler, fino alla sua rinascita con la pop art e, soprattutto, con Andy Warhol, quando la bellezza torna a proporsi, sia pure ironicamente, quale misura dell'essere e del mondo. Dietro l'ironia si cela una sfida fondamentale. E' possibile oggi ripensare in termini "classici" alla bellezza? Individuarla ad esempio come misura "ecologica" che promuova una rinnovata abitabilità della terra?


Attilio Mazza