Il romanzo postumo di Oriana Fallacci, «Un cappello pieno di ciliege», edito da Rizzoli è diventato subito un best-seller, e verrebbe da dire ancora prima di essere stampato. La fiorentina Fallaci (1929-2006) si era già fatta un nome come giornalista, attiva sino alle ultime ore di vita, corrispondente di guerra dai teatri dei conflitti del nostro tempo, dal Vietnam al Medio Oriente. Negli anni Settanta i suoi libri avevano suscitato attenzione non solo da parte del grande pubblico, ma anche del mondo accademico, al punto che il rettore del Columbia College of Chicago, nel conferirgli la laurea ad honorem in letteratura, la definì «uno degli autori più letti e amati nel mondo». E in effetti i sui libri conobbero un successo ovunque. Fra le sue molte pubblicazioni si possono ricordare: «Lettera a un bambino mai nato» (1975), «Un uomo» (1979), «Insciallah» (1990), la trilogia di «
La Rabbia
e l'Orgoglio» (200l), «
La Forza
della Ragione» (2004), «Apocalisse» (2004).
La stessa Fallaci ricorda, come riportato nelle note di edizione del volume - ricche del testo di Edoardo Perazzi, «Mia zia Oriana» -, come nacque il romanzo scritto fra il 1991 e il 2001. Lo segnalò, infatti, in una nota del romanzo «
La Rabbia
e l'Orgoglio»: «La vigilia della catastrofe [11 settembre 2001] pensavo a ben altro: lavoravo al romanzo che chiamo il-mio-bambino. Un romanzo molto corposo e molto impegnativo che in questi anni non ho mai abbandonato, che al massimo ho lasciato dormire qualche mese per curarmi in ospedale o per condurre negli archivi e nelle biblioteche le ricerche su cui è costruito. Un bambino molto difficile, molto esigente, la cui gravidanza è durata gran parte della mia vita d'adulta, il cui parto è incominciato grazie alla malattia che mi ucciderà, e il cui primo vagito si udrà non so quando. Forse quando sarò morta». Come puntualmente è avvenuto.
Il romanzo racconta la storia della famiglia Fallaci, una saga che copre gli anni dal 1773 al 1889, affresco di vita, storie di uomini e donne comuni che hanno sofferto e di cui la scrittrice ha voluto tramandarne la memoria. La narrazione va tuttavia ben oltre i secoli citati. Attraverso incursioni nel passato (tra un'antenata leggendaria messa al rogo dall'Inquisizione per aver cucinato carne in Quaresima e un avo rapito dai pirati di Algeri) e nel futuro che precipita verso il bombardamento di Firenze del 1944, si allarga, infatti, nei tempi per far emergere dettagli di esistenze consumate di cui si sono persi persino i cimeli racchiusi in una cassapanca distrutta sotto le macerie.
Oriana Fallaci racconta la storia della sua famiglia, ma anche quella dell'Italia rivoluzionaria di Napoleone, Mazzini, Garibaldi, Vittorio Emanuele II attraverso le avventure di uomini come Carlo che voleva piantare viti e olivi nella Virginia di Thomas Jefferson, Francesco marinaio, negriero e padre disperato, Giovanni assassino mancato del traditore Carlo Alberto, Giobatta sfigurato nel volto e nell'anima da un razzo austriaco durante la battaglia di Curtatone e Montanara; e donne indomite come
la Caterina
che alla fiera di Rosìa indossa un cappello pieno di ciliege per farsi riconoscere dal futuro sposo Carlo Fallaci, o come una bisnonna paterna di Oriana, Anastasìa, figlia illegittima, ragazza madre, pioniera nel Far West e forse tenutaria di un bordello a San Francisco.
È il racconto di destini intrecciati e sommamente romanzeschi che la scrittrice ha amplificato dopo anni di ricerche per raccontare anche se stessa. E pure la vicenda di tutti: la storia d’Italia.
Attilio Mazza