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Giuseppe Prezzolini

«Faville di un ribelle (dai Taccuini inediti)»
a cura di Raffaella Castagnola


Salerno Editore, 106 pagine, € 12,00


«Come mi sento solo in certi momenti! ancora non ho incontrata nel mondo – e sì che per la mia età ho girato – una persona che mi comprenda e che io comprenda, con la quale possa esservi per me l'unione dell'anima, per chiamarla così, o meglio degli intelletti e del corpo. Forse mai sarà questo ideale realizzato come tanti progetti che ho fatti finora. Quante belle visioni!».
Così Giuseppe Prezzolini annotò nel proprio diario a soli 17 anni, nel 1899, come si legge nella prima pagina dei suoi taccuini inediti ora raccolti nell’elegante pubblicazione «Faville di un ribelle», pubblicato da Salerno Editore a cura di Raffaella Castagnola, attenta studiosa luganese, docente di Letteratura italiana moderna e contemporanea all’Università di Losanna.
Prezzolini, grande scrittore italiano, dopo il lungo soggiorno a Parigi, e soprattutto dopo essere vissuto a lungo negli Stati Uniti e aver insegnato per un quarto di secolo alla Columbia University di New York, scelse nel 1962 di abitare a Lugano dove morì centenario nel 1982. E proprio a Lugano vennero conservati i fogli rimasti sino ad ora “segreti”, riemersi grazie alla disponibilità di un collezionista ticinese.
Raffaella Castagnola si chiede, a questo proposito, perché «dopo tanti traslochi e soprattutto dopo il trasferimento, nell'ultimo periodo della vita, della biblioteca personale, dei cospicui carteggi, dei materiali autografi e fotografici nella neonata sede dell'Archivio Prezzolini presso la Biblioteca Cantonale di Lugano, i dieci taccuini siano rimasti nei cassetti dell'ultima dimora dello scrittore». E perché «queste carte siano rimaste totalmente segrete, quando Prezzolini ha invece sempre dimostrato lungo tutto l'arco della propria carriera di volersi cimentare nelle varie modulazioni della scrittura autobiografica per poter costruire, con materiali del proprio vissuto, un “ritratto d'autore».
La studiosa informa, nella puntuale nota introduttiva «Forme della scrittura dell’io: taccuini, diari, aforismi», che il copioso materiale è costituito da circa 750 pagine autografe, datate e suddivise in periodi e luoghi: Udine (1897-1898), Firenze (dal 1899), Bologna, Modena, Parma, Piacenza, Milano e Firenze (fino al 1904). L'intero corpus dei testi svela «il percorso di un giovane in formazione, intorno ai vent'anni, autodidatta e rivoluzionario, inquieto e tumultuoso. I taccuini appar-tengono a un universo intimo e privato, perché gli appunti, i pensieri, le osservazioni sui luoghi visitati saltuariamente in occasione di brevi viaggi e gite fuori porta con gli amici, o frequentati regolarmente nei vagabondaggi fiorentini, così come le osservazioni puntuali intorno a fatti quotidiani e a libri appena letti, si confondono e si alternano senza un ordine preciso, ma nel regolare procedere delle date, ad annotazioni legate alla consuetudine familiare».
Castagnola annota che gli inediti presentano lacune dal 1900 al 1901 e dal primo trimestre del 1902, interruzioni che non consentono di ricostruire il mosaico completo del quinquennio 1899-1904. Nonostante ciò «la documentazione risulta quanto mai interessante e ricca. Si tratta di pagine finora sconosciute al pubblico dei lettori di Prezzolini e alla comunità degli studiosi per volontà dello scrittore stesso, che solo poco prima della morte se ne era “liberato”, regalandole a persona a lui cara e però non addestrata alla pratica filologica, con preghiera di non farne uso se non a distanza di alcuni anni dalla morte».
Ed è questa la ragione per cui emergono solo ora a completare l’autoritratto di un personaggio inquieto che ha segnato la storia della letteratura italiana, «nato per caso» a Perugia nel 1882 e consideratosi sempre un «innamorato respinto» e per vedere l’Italia «da lontano» scelse la Svizzera nell’ultimo tempo dell’esistenza.
I taccuini ora pubblicati sono conclusi dalla pagina di cui lo scrittore confessava nel 1903, poco più che ventenne: «Mi piace, alla fine, mettermi la maschera della verità, o caro lettore, e domandarti: quale miglior rifugio per una vita intima, di una voluta falsificazione di questa? L'autore non è cosi rozzo, né così schematico catalogatore di idee, né così notarile spirito come qui appare. Non per nulla egli ha fatto qui l'elogio della menzogna come arma di solitudine; l'ha fatto e gli è stato fedele».


AFORISMI PREZZOLINIANI


E’ inutile vivere quando non si può essere se stessi, quando non si ha il coraggio di volerlo e tentarlo.
Un libro dal quale non si traggono appunti è un libro inutilmente letto. Ma se poi non se ne fissano le impressioni lo è ancor più, restandone solo una imagine poverissima e cruda.
Leggere troppo impedisce di scrivere.
Bisogna notare l’ambiente dove sorge l’idea; talora essa è un paesaggio trasformato.
L’uomo è un animale che si contenta di parole.
L’uomo sincero è quello che dice meno bugie in paragone degli altri.
Le cose sono quali noi le vogliamo vedere.
Dare un nome alle cose sconosciute sembra a certi spiriti portare la convinzione di conoscerle.
Le più alte cose sono le più individuali e le meno comunicabili.
L’aforisma è il più bel tipo di quella poesia affermativa (ogni sintesi è un’affer-
mazione).

Dal libro dei taccuini inediti «Faville di un ribelle» di Giuseppe Prezzolini, edito da Salerno a cura di Raffaella Castagnola.



Attilio Mazza