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RECENSIONI è la sezione dedicata a tutti coloro che amano avere la compagnia di un libro, magari che li aspetti la sera sul comodino. Proporremo un Libro Amico ogni settimana, indicandone il genere, il grado di difficoltà, i temi e le qualità.

Vittorio Emiliani

«Il furore e il silenzio. Vite di Goachino Rossini»

il Mulino, 480 pagine, € 29,00


Il «Guillame Tell» fu il capolavoro con cui Gioachino Rossini concluse sostanzialmente nel 1829 a Parigi, a soli 37 anni, la sua folgorante carriera di compositore di quaranta opere in poco più di un quindicennio. E fu un «immenso affresco melodrammatico sulla liberazione del popolo svizzero dall’oppressione asburgica». Per i dettagli delle scene aveva mandato «lo scenografo Pierre-Luc Cicéri a studiare le antiche stampe e l’ambiente storico e naturalistico stesso della vicina Elvezia».

Lo ricorda Vittorio Emiliani nella monumentale biografia «Il furore e il silenzio. Vite di Goachino Rossini», edita dal Mulino. L’autore, giornalista italiano di successo, membro del Comitato di amministrazione della “Santa Cecilia” di Roma e della Rai, parlamentare e presidente per un quinquennio della Fondazione Rossini di Pesaro, non si limita a tracciare gli eventi dell’avventurosa esistenza del maestro pesarese, ma entra in profondità nella sua concezione musicale.

Informa, ad esempio, che il «Guillame Tell», opéra-monstre in cinque atti, andò in scena il 3 agosto nella Sala Peletier dell’Académie Royale de musique «davanti a un pubblico più scelto che si possa immaginare. Il “tout Paris” aveva infatti rinviato le vacanze estive per assistere a quella “prima” rossiniana che tanta aspettativa aveva suscitato, per mesi e mesi, sulle gazzette e nei salotti». E sin dall’amplissima ouverture «pubblico e critica compresero di avere di fronte un Rossini nuovo, inedito, con lo sguardo rivolto in avanti: in quelle prime pagine, prima elegiache e quindi incalzanti, egli aveva fatto eseguire ai violoncelli, al corno inglese, al flauto e poi a tutto il complesso orchestrale una sorta di manifesto programmatico di una grande opera la quale riusciva a coniugare, nel modo più felice e prezioso, i tratti salienti della musicalità italiana e i connotati di quella francese». Lo spettacolo risultò imponente e il successo strepitoso tenne inchiodati gli spettatori per circa cinque ore. Sulle gazzette musicali si lessero giudizi assoluti: «E’ vano cercare di misurare la grandezza del genio: il suo dominio non ha confini».

Emiliani, in questa poderosa biografia – che è anche il grande affresco di un’epoca –, ripercorre puntualmente l’esistenza di Rossini (Pesaro1792 – Passy [Parigi] 1868), sia storicamente che sotto il profilo musicale: dagli anni di enfant prodige, cantante, strumentista, compositore e studioso di Mozart e Haydn, genio introdotto nell’affascinante mondo del teatro dal padre musico e dalla madre soprano, alla successiva stagione di compositore a Napoli e a Roma (già celebre a 21 anni) assai fertile di melodrammi giocosi e tragici, fra neoclassicismo e romanticismo. Poi gli iniziali precoci segni della fragilità nervosa nell'alternarsi di “prime” burrascose o fredde, e di trionfi, acclamato e avversato fra Vienna, Londra e Parigi, dove rifondò il teatro lirico prima di tacere, amaramente.

Rossini rimase per la vita intera nostalgico di Bologna – dove la famiglia si era trasferita nei suoi anni giovanili – nonostante le rotture a causa delle passioni politiche che lo inseguirono per l’intera esistenza fra rivoluzioni e restaurazioni, amico di Metternich e insieme cantore della libertà. Fu un genio europeo dalle molte facce, alcune segrete, ovunque ammirato e osannato.


Attilio Mazza



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