«Da qualche tempo l'economia indiana provoca reazioni contraddittorie: da un lato mare di povertà, dall'altro polo lo sviluppo di grandi centri del terziario a vocazione mondiale. Di fatto queste due realtà convivono in uno stesso insieme di dimensioni continentali e in piena trasformazione. Il prodotto interno lordo (Pil) dell'India è il quarto al mondo o il quinto se si considera l'Unione europea nel suo insieme. La sua popolazione ha superato la soglia del miliardo di abitanti nel 2000 e dovrebbe superare quella cinese entro il 2025-30, per stabilizzarsi a quasi due miliardi entro la fine del secolo. Paese a lungo chiuso ai grandi flussi di scambi mondiali, la crisi dei pagamenti del
1991 ha
accelerato la svolta della sua strategia di sviluppo avviata nel corso degli anni Ottanta. L'accelerazione della crescita indiana, costantemente superiore al 6% annuo, e la volontà di proseguire sulla strada della globalizzazione si tradurranno nella progressiva affermazione di una nuova grande potenza economica a fianco della Cina? Il decollo economico dell'India si basa meno di quello cinese su grandi strutture manifatturiere dedicate all'esportazione e giunge in un momento fondamentale della globalizzazione dei servizi, settore nel quale il paese dispone di concreti vantaggi comparati, come un’abbondante manodopera qualificata e di poli di competitività apprezzati da tutte le grandi imprese mondiali».
Questo il quadro tracciato da Jean-Joseph Boillot, professore di Scienze sociali, consigliere finanziario presso
la Direzione
del ministero del Tesoro a Nuova Delhi. Egli analizza in profondità il fenomeno nel saggio pubblicato dal Mulino, «L’economia dell’India» (142 pagine, € 11.00) muovendo appunto dalla povertà di massa da un lato contrapposta al polo di sviluppo dei grandi centri terziari a vocazione mondiale. E pone alcuni interrogativi.
Il volume, descrivendo l'evoluzione dell'economia dell'India, mostra come il suo percorso di sviluppo debba misurarsi con le sfide di un elevato debito pubblico, della crescita demografica, della povertà e della sostenibilità ambientale.
Attilio Mazza