ARTE - A cura di Rosa Roselli
Tutti i diritti riservati
A cura di Rosa Roselli

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RAFFAELLO E URBINO









(Urbino, Palazzo Ducale)




G. Santi, Madonna con Bambino tra Santi


“Operare come Raffaello è essere veramente artisti” (David)


La mostra di Urbino è volta a recuperare e a valorizzare sia il profondo legame di Raffaello con la sua città sia a presentare pregevoli opere giovanili dello stesso per metterle a confronto con la produzione del padre, Giovanni Santi, e di alcuni pittori a lui vicini nel periodo della formazione giovanile a Urbino. Questi proposito è nato dalla certosina ricerca di due studiosi, Anna Falcioni e Vincenzo Mosconi, condotta presso l’Archivio di Stato di Urbino, dove grazie ad alcuni documenti notarili del XV e XVI secolo è stato possibile ricostruire per intero la genealogia  della famiglia Santi. I documenti reperiti dunque consentono di avere una visione più chiara della posizione sociale e del benessere economico dei Santi. Il nonno di Raffaello, Sante, abile immobiliarista, acquistò nel 1463 due case vicine nel borgo del Monte, alle pendici di San Sergio: qui il 28 marzo 1483, di venerdì santo, nacque Raffaello. Questa grande casa non fu solo il magazzino di chiodi e di cordami di Sante, ma, cosa nuova, fu anche il suo atelier di doratore, per cui il nonno ottenne la qualifica di “magister”. Giovanni Santi, padre di Raffaello, ricevette la formazione artistica da Sante, il che gli permise di accedere liberamente alla corte dei Montefeltro e alle più importanti botteghe della città, così da diventare uno dei protagonisti dello sviluppo culturale di Urbino.




Raffaello Sanzio, Angelo della Pala di San Nicola da Tolentino
(Brescia, Pinacoteca Tosio-Martinengo)


Quando nel 1495 Giovanni morì, Raffaello ne ereditò la bottega e, nel 1500, a diciassette anni, firmò come “magister” la Pala di San Nicola da Tolentino, dipinta per la chiesa di Sant’Agostino di Città di Castello e, per l’occasione, qui ricomposta in alcune sue parti perché la pala subì danneggiamenti nel 1789. Infatti di essa rimangono dei frammenti dei quali parte sono a Brescia (Pinacoteca Tosio-Martinengo), parte a Napoli (Gallerie Nazionali di Capodimonte) e parte a Parigi (Louvre). L’impegno pittorico di Raffaello presso Città di Castello durò fino al 1504 e notevole fu qui il lavoro pittorico compiuto dal Nostro. Dalle opere eseguite si nota la maturazione artistica del pittore, in quanto il suo linguaggio figurativo si fonde armoniosamente con elementi derivati da Melozzo e Luca Signorelli e, pur subendo l’influsso del Perugino, l’artista si volge in modo autonomo alla chiarezza compositiva e alla strutturazione spaziale, all’approfondimento fisionomico e psicologico, determinati dal carisma di Piero della Francesca e dai primi contatti con l’arte di Leonardo. I legami con Venezia, il soggiorno a Roma nel 1503 e la collaborazione con il Pinturicchio arricchirono il patrimonio artistico di Raffaello che, in seguito alla rinascita della pittura toscana, sentì la necessità di un soggiorno a Firenze “per imparare”, come lui stesso scrisse.  Tra il 1504 e il 1508 Raffaello viaggiò tra Firenze, Perugia e Urbino eseguendo preziose tavolette, tra le quali si ricordano “Il sogno del cavaliere” (Londra, National Gallery) e le “Tre Grazie” (Chantilly, Museo Condé), probabilmente parti di un dittico per un committente senese.




Raffaello Sanzio, Il sogno del cavaliere

Quest’opera, olio su tavola di cm. 17,5x17,5, è forse il lavoro più discusso del periodo giovanile del Nostro, soprattutto per la raffigurazione di Ercole nell’insolita sembianza o di un guerriero o di un giovane principe, Scipione Borghese, nella cui famiglia il dipinto è rimasto fino al 1778 con le “Tre Grazie”. Al centro del quadro c’è un albero d’alloro, che segna l’asse mediano. In primo piano c’è il cavaliere dormiente con il capo rivolto verso una donna che tiene nella mano destra la spada e nella sinistra un libro; di fronte un’altra donna tocca una collana di coralli rossi sul ventre e nella mano destra, protesa, tiene un fiore bianco. Il paesaggio, nel quale sono poste le figure, mostra, sulla sinistra, una strada con tre cavalieri e in alto un castello con un campanile d’impianto gotico. Sul lato destro c’è un lago attraversato da un ponte protetto da torri. Alcuni critici interpretano la figura in primo piano come Ercole al bivio, incerto tra virtù e voluptas. Gould, invece, lo considera un giovane principe, ossia come Scipione Borghese, ai cui lati sarebbe simboleggiata, nelle due donne, l’unione delle virtù ossia fortezza, sapienza e amore. L’albero dell’alloro potrebbe essere un aperto richiamo alla gloria e il paesaggio alle difficoltà che ostacolano il conseguimento della saggezza. Alla fine del 1508 Raffaello si trasferì a Roma per decorare gli appartamenti di papa Giulio II e nella Capitale l’artista lavorò intensamente per i Pontefici, avvalendosi spesso di collaboratori tra i quali citiamo Giulio Romano. Raffaello muore a Roma il 6 Aprile 1520, di venerdì santo. La mostra, molto bella, espone 20 dipinti e 19 disegni originali, che evidenziano l’eccezionale bravura giovanile del Sanzio. Accanto sono esposte le opere del padre, Giovanni Santi, e di artisti contemporanei come Mantegna, Perugino, Lippi e Signorelli.



Raffaello Sanzio, Le Tre Grazie


La mostra è visitabile fino al 12 Luglio 2009.



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