ARTE - A cura di Rosa Roselli
Tutti i diritti riservati
A cura di Rosa Roselli

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EMIL NOLDE







(Parigi, Grand Palais)




Nolde, Paradiso Perduto, 1921


Emil Hansen nasce nel 1867 a Nolde, un villaggio ai confini tra Germania e Danimarca, ed è così legato alla sua terra da prendere, a 35 anni, il nome del suo paese natale. Nolde muore nel 1956, a 89 anni, a Seebull, Neuekirchen. L’artista inizia la sua attività come disegnatore e intagliatore in una fabbrica di mobili a Flensburg, poi riesce a pagarsi gli studi di pittura con la vendita di alcune “caricature” delle montagne svizzere. Nel 1898 è a Monaco e a Dachau, nel 1899 a Parigi. Già nei primi lavori Nolde dipinge in forma semplificata le figure umane e la natura; dal 1909  aggiunge alle sue opere una componente mistica che trova il suo apice nelle tele sulla “Vita di Cristo” (1912). A Dachau lavora con un pittore simbolista religioso Holzell che fu assai importante per la sua formazione. A Parigi, dove frequenta l’Académie Julian, studia le opere di Rodin, Degas, Delacroix, Manet, Millet e Daumier. Si appassiona all’arte dei Rembrandt e Goya, Gauguin e Munch che conobbe personalmente. Nel 1907 espone con il gruppo Die Brucke, si accosta alla Secessione di Berlino. E’ tra i fondatori della Neue Secession e partecipa alla seconda mostra del Blaue Reiter a Monaco (1912).
Il carattere drammatico della sua pittura viene accentuato da una malattia e dal contatto diretto con l’arte di Van Gogh e di Ensor, conosciuto a Ostenda nel 1911.
Il viaggio nella Nuova Guinea tedesca, che lo porta anche a Mosca, in Siberia, Manciuria, Corea, Giappone, Cina, Manila, isola di Palau, accresce il suo interesse per l’arte primitiva, favorendo la presenza di elementi esotici nella sua pittura.
“Con pennelli e colori lavoravo come un ossesso, bastava che alzassi gli occhi dal foglio ed erano quadri, quadri ovunque attorno a me, una vita che fluiva ricchissima e frenetica”.




Nolde, Autoritratto, 1917


Con il tempo Nolde perviene ad una deformazione della figura umana da sconfinare nel grottesco, stendendo il colore con grandi pennellate, libero da qualsiasi schema disegnativo. Questa produzione riflette le sofferenze spirituali, il carattere inquieto e sognatore, insofferente e visionario di Nolde:
“la pittura mi cresceva dentro come il muschio o l’alga”.
A questa pittura il Nostro rimane fedele, anche quando, perseguitato dal nazismo perché ritenuto “artista degenerato”, gli è proibito dipingere. Nolde allora utilizza l’acquarello, cui mescola tempera, biacca, china, inchiostri e gessetti colorati; esegue anche disegni, incisioni e scolpisce legni.
Riscoperto e rivalutato dopo la seconda guerra mondiale, è oggi considerato uno dei più grandi rappresentanti della cultura espressionista.
La mostra comprende 90 dipinti e 70 lavori tra acquarelli, disegni e incisioni, esposti in ordine cronologico e divisi in dodici sezioni tematiche. Tra i capolavori esposti ci sono: “ La Pentecoste ” (1909), “Al caffè”(1911), “Spettatori al cabaret” (1911), “Sole dei tropici” (1914), “Fratello e Sorella” (1918), “Paradiso perduto” (1921) e il trittico “La vita di Cristo) (1911), esposto nel 1937 nella mostra dell’Arte degenerata, tra le 650 opere di 112 artisti, confiscate a 32 musei tedeschi.



Nolde, Papaveri rossi, 1920 (acquarello)


La mostra è visitabile fino al 25 Gennaio 2009.

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