ARTE - A cura di Rosa Roselli
Tutti i diritti riservati
A cura di Rosa Roselli

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GIORGIO MORANDI


(Varese, Villa Panza)


“I pittori che aspirano a diventare poeti sono molti. Giorgio Morandi è uno dei pochissimi ad esserci riuscito” (New York Times)



G. Morandi, Paesaggio, 1942


Giorgio Morandi (Bologna 1890 – 1964), primo di cinque figli, passò tutta la sua esistenza in compagnia delle tre sorelle. Si dedicò agli studi artistici presso l’Accademia di Belle Arti di Bologna, dove tra i compagni di corso c’era Osvaldo Licini. Nel 1910 compaiono i suoi primi lavori; nel 1912 incide la sua prima acquaforte ispirata all’arte di Cézanne. Nel 1914 è alla prima Esposizione libera futurista a Roma, poi partecipa alla II Secessione romana. Nel 1915 affronta una breve esperienza militare. Congedato, viene nominato direttore delle scuole primarie di Reggio e Modena. L’artista trascorre buona parte della sua vita a Grizzane, sull’Appennino emiliano, ove riflette sulla sua idea di pittura e produce nature morte, immerse in un’atmosfera d’armonia e tranquillità metafisiche. Dipinge sempre gli stessi oggetti, disposti ordinatamente su un tavolo; utilizza colori dai toni poco appariscenti come il bianco gessoso, il marrone-rossiccio. Morandi “guarda un gruppo di oggetti sopra un tavolo con l’emozione che scuoteva il cuore al viaggiatore della Grecia antica allorquando mirava boschi e valli e monti ritenuti soggiorni di divinità bellissime e sorprendenti. Egli guarda con l’occhio dell’uomo che crede, e l’intimo scheletro di queste cose morte per noi, perché immobili, gli appare nel suo aspetto più consolante, nell’aspetto suo eterno” (De Chirico).



G. Morandi, Natura morta, 1924


Anche i paesaggi hanno le stesse forme delle nature morte, in loro si rivelano schemi compositivi cezanniani, mentre le trasparenze dei paesaggi richiamano alla mente quelli di Corot.



G. Morandi, Cortile di via Fondazza, 1957


Nel 1935 Roberto Longhi affermò che Morandi era uno dei migliori pittori viventi, uno dei più moderni. Da quel momento in poi la fama di Morandi, che era stato scoperto e apprezzato dal mecenatismo borghese e da poeti come Montale e Ungaretti, anziché dalla critica, andò aumentando. Il momento più importante della sua attività artistica si colloca subito dopo il 1930, quando si assiste ad un improvviso scurirsi del colore e, dopo il 1954, alla ripresa di una forma volumetrica e geometrizzante.
Per Morandi il soggetto è solo un pretesto, in quanto egli guarda al gioco dei rapporti e dei toni. La grande novità sta nella eccezionale resa architettonica del dato naturale, perché tutto nelle opere di Morandi è volto ad una sintesi architettonica.
Nella sua produzione il Nostro tende alla sintesi di tutto quanto aveva imparato nel corso del tempo ossia dal ritrarre le cose come sono, secondo la lezione dell’Impressionismo, liberandosi dal tentativo di fissare sulla tela le mutevolezze dell’animo.
L’esposizione di Varese è una piccola mostra, composta di 40 opere scelte, appartenenti a prestigiosi collezionisti.
In questo stesso periodo c’è, invece, una grandissima mostra celebrativa di Giorgio Morandi al Metropolitan Museum di New York.




G. Morandi, Autoritratto, 1924

La mostra è visitabile fino al 11 Gennaio 2009.

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