“Uomo capriccioso e fantastico, che alla maniera di nessuno mai volle assoggettarsi” (Carlo Cesare Malvasia)
A. Aspertini, Affresco Sala di Marte, Rocca Isolani, Minerbio
Amico Aspertini (Bologna, 1474 – 1552), proveniente da una famiglia di artisti, ricevette i primi insegnamenti dal padre Giovanni Antonio, pittore. Si perfezionò nella bottega di Ercole da Ferrara, poi in quella del Costa e infine presso il Francia. Fu poi a Roma e il suo soggiorno romano è confermato da alcuni disegni e da elementi michelangioleschi che si rivelano in alcune opere della maturità. Sicuramente l’artista fu una seconda volta a Roma, dove lasciò numerose tracce della sua attività, anche di gusto decorativo. Tra il 1508 e il 1509 affrescò a Lucca la cappella Cenani in San Frediano; operò intensamente a Bologna, dove modellò alcune sculture per le porte di San Petronio. Inoltre eseguì miniature, quadri ad olio, facciate di case; disegnò orologi e architetture per feste e solennità.
La pittura di Amico Aspertini sembra essere in netto contrasto con i canoni di armonia dell’età umanistica, in quanto l’artista preferisce la visione fantastica e movimentata della scena, oltre ad un’accentuata deformazione dei tratti del volto, soprattutto femminile, forse per una irregolarità visiva.
A. Aspertini, Madonna col Bambino
Pittore di “matta furia”, come ci rivela il Vasari che lo descrive munito di occhiali, ambidestro, con un pennello per mano, l’uno per i chiari, l’altro per gli scuri, “e, stando cinto, havere intorno intorno piena la coreggia di pignatti pieni di colori temprati, di modo che pareva il diavolo di San Macario”; spirito maledico e narratore instancabile, esecutore di quelle immagini che per la loro bizzarria sono state considerate come sicuro indice dell’alterazione mentale cui sarebbe giunto l’Aspertini.
La produzione artistica di questo “uomo capriccioso e di bizzarro cervello” (Vasari) non è stata in passato molto apprezzata, perché Aspertini non era ritenuto un grande pittore, in quanto non dotato di “spiccata personalità” (C. Ricci). La critica più recente, invece, e il merito è di Longhi, ha “riscoperto” Amico, giudicandolo il più capace tra i continuatori bolognesi del Francia.
“… l’Aspertini è un vero pittore, e la volta bianca e violetta di San Frediano a Lucca, colma di invenzioni delicate ed eccentriche, è lì a dimostrarlo” (Longhi). Oggi a celebrare questo artista, abile creatore di immagini, è la mostra bolognese che vuole commemorare non solo un pittore del Rinascimento italiano, ma anche il clima culturale della Bologna cinquecentesca.
“Così l’atteggiamento “antiraffaellesco” dell’Aspertini si può in parte far risalire all’articolata rete di scambi e contatti con l’opera di artisti come lui interessati a contrastare gli ideali classicisti, anche se a delinearne la cifra stilistica un ruolo importante hanno giocato la passione per l’antico sviluppata nei numerosi viaggi a Roma e soprattutto il “germanesimo” allora diffuso nell’Italia del Nord, la suggestione dei modelli offerti da Schongauer, Grunewald e Durer” (A. Emiliani).
La rassegna è costituita da circa 100 pezzi tra dipinti, disegni, codici miniati e ceramiche. Sono esposte anche le opere dei Maestri con i quali Aspertini si è confrontato o con cui ha collaborato, come Raffaello, il Perugino, Filippino Lippi, Lorenzo Lotto e Durer che studiò prospettiva a Bologna nel 1504.
A. Aspertini, Pietà fra i santi Marco, Ambrogio,
Giovanni Evangelista e Antonio Abate
La mostra è visitabile fino al 11 Gennaio 2009.
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