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A cura di Rosa Roselli Tutti i diritti riservati |
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GUIDO RENI.
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G. Reni, San Sebastiano, Genova
La mostra genovese è tutta improntata sulla figura di San Sebastiano, cui Guido Reni, pittore bolognese (Bologna 1575 – 1642), ha dedicato ben otto dipinti. L’esposizione ne mette a confronto cinque ed indaga sul significato di questa immagine sacra che colpisce per la bellezza esteriore e la sensualità della posa. La figura di questo Santo ha ispirato anche molti scrittori, come Oscar Wilde che in “The Tomb of Keats” parla di “un incantevole ragazzo bruno dai capelli ricci e fluenti e le labbra rosse, legato a un albero da malvagi nemici; pur trafitto dalle frecce, aveva gli occhi alzati al cielo…”. D’Annunzio ne “Le martyre de Saint Sébastien” affida la parte del Santo a Ida Rubenstein, che recita: “Colui che più profondamente mi ferisce, più profondamente m’ama”. Infine si può ricordare che lo scrittore giapponese Yukio Mishima, nel suo romanzo autobiografico, scrive: “…baluginò davanti ai miei occhi un’immagine…Era una riproduzione del San Sebastiano di Reni”. Davanti alla tela bianca Reni decise di tratteggiare la figura di San Sebastiano, subì l’influsso di altri artisti, in particolare di Caravaggio, ma ne diede una nota personale, identificando nel suo San Sebastiano il Cristo crocifisso.Sebastiano, che in greco significa “Venerabile”, nacque a Narbonne (Francia) nel III secolo dopo Cristo e visse a Milano. Guardia pretoriana sotto Diocleziano, si convertì al Cristianesimo e, per non aver rinnegato la propria fede, fu condannato a morte tramite le frecce, ma si salvò miracolosamente. Infatti, creduto morto dagli arcieri, fu lasciato a terra. La vedova Irene lo curò e Sebastiano si ripresentò all’imperatore che lo condannò ad essere ucciso a bastonate, poi il corpo venne gettato, nel 287, nella Cloaca Massima. I martirii quindi sono due: quello più popolare è il primo, il secondo è invece stato ignorato. Inoltre l’iconografia del Santo nel corso dei secoli è stata diversamente interpretata. Inizialmente è un uomo anziano, con la barba, vestito alla romana ed ha come segno di riconoscimento o una piccola croce o una corona, emblema di martirio e di vittoria sulla morte. Nei ritratti medievali compaiono le frecce, perché Sebastiano è raffigurato con l’armatura, propria di un militare e, dal XV secolo, presenta figura giovanile. Se nel Medio Evo viene invocato come protettore dalla peste, nel Rinascimento la sua figura è pretesto per celebrare la bellezza del corpo nudo, secondo l’ideale rinascimentale dell’hedoné.
Tuttavia alcune raffigurazioni decisamente sensuali provocarono scandalo, per cui le tele vennero rimosse dalle Chiese e dall’autorità religiosa furono imposti canoni ben precisi di rappresentazione del Santo. Anche Reni, pittore devoto, ne subì il fascino e dipinse i suoi San Sebastiano come adolescenti dalla pelle di seta e con il volto in estasi. Probabilmente in questi lavori l’artista dà voce alle sue ossessioni omoerotiche: la fobia per le donne, la convinzione che esse gli procurassero sfortuna, l’amore per i ragazzi e per il gioco d’azzardo.Con il tempo la devozione verso San Sebastiano andò affievolendosi e dal XVIII secolo non si ebbero più immagini per le chiese. Il culto di san Sebastiano è proseguito per lungo tempo solo a livello di collezione privata (Moreau, Redon, Corot, Delacroix…) per esplodere nuovamente negli Anni Sessanta del Novecento con la liberazione sessuale che fece di San Sebastiano icona della cultura gay.
G. Reni, San Sebastiano
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