A cura di Rosa Roselli

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ARTURO MARTINI 
  

(Milano, La Permanente )

(Milano, Fondazione Stelline)



     


A. Martini, Annunciazione


“Io lavoro, sono ritornato come una volta pauroso d’innanzi alla materia sensibile, la guardo, la scruto adagio adagio, la depongo per fermare la parte che la solitudine delinea e ferma nell’eternità dei ricordi, perché io penso che le armonie delle cose vengano verso di noi come le anime vanno verso Dio, così solo sei forte; ricordati che l’arte è la scala che mena più sicuramente verso la verità” (A. Martini)

Ricorrendo il sessantesimo anniversario della morte di Arturo Martini (Treviso 1889 – Milano 1947), le città di Milano e Roma ricordano il più grande scultore italiano del XX secolo con un’Antologica di oltre cento opere provenienti da collezioni private e pubbliche, esposte al Museo della Permanente e alla Fondazione Stelline (Milano) e, successivamente, alla Galleria d’Arte Moderna di Roma.

Autodidatta, fu per Martini di grande importanza sia l’incontro, avvenuto a Burano nel 1909, con Gino Rossi sia l’aver frequentato la scuola di von Hildebrand a Monaco, dove apprese i modi del Simbolismo secessionista europeo, evidenti nella sua prima produzione grafica e nelle prime piccole sculture. Tuttavia per lo scultore fu di fondamentale importanza l’aver praticato da ragazzo le fabbriche di ceramica, esperienza che lasciò in lui l’amore per la creta, studiata nei bozzetti di Canova, lo scultore settecentesco nativo di Possagno. Determinante fu poi nel 1912 il viaggio a Parigi con Gino Rossi, dove conobbe Modigliani e Boccioni, senza trascurare la partecipazione alle iniziative del gruppo di Ca’ Pesaro a Venezia.

Martini realizzò le sue opere più complete negli anni del “ritorno all’ordine”, nel dopoguerra, quando il richiamo alla tradizione classica era considerato come l’unica via d’uscita alla distruzione prodotta dalla guerra.



A. Martini, La sete


Martini con i suoi bronzi e le terracotte mostrò la sua autonomia stilistica, evidenziando una spiccata personalità all’interno del gruppo del Novecento grazie alla sua coerenza di stile nelle opere monumentali (Il figliuol prodigo, Acqui Terme) e all’accettazione dell’ordine classicistico nelle opere dettate dalla retorica fascista ( La Giustizia fascista, 1936 –’37).

La produzione del Nostro è improntata anche da una profonda commozione in sculture come “La pisana” 1928; è evidente pure nei ritratti (“Ragazza innamorata, 1930; Il professor Schwarz, 1931; La morte di Saffo, 1934; la Sete , 1934). Verso il 1940 l’artista giunse alle soglie dell’astrazione, maturando una riflessione e una coscienza della crisi che lo portarono allo scritto “La scultura lingua morta”, 1945.

La mostra di Milano è impostata su tutto il periodo creativo di Martini, dal 1913 al 1947, e presenta lavori eccezionali, alcuni mai esposti prima d’ora.

Al Museo della Permanente è possibile ammirare per la prima volta un gruppo di opere sulla “sete”: La sete del 1932, del 1934 e quella del 1935 – ’36. Questo tema, anticipato nel “Bevitore”, terracotta realizzata nel 1926, mostra come l’influsso classico di Carrà esercitò un forte fascino sulle scelte compositive di Martini. Non casualmente la corporatura dell’uomo seduto riprende le forme analoghe ad alcune figure che Carrà dipinse proprio in quegli anni. Tipico tratto di Martini è l’essenzialità lineare dei corpi, oltre ad una voluta e costante pulizia delle forme.

Alla Fondazione Stelline sono invece esposte le opere monumentali come l’Annunciazione (Civiche Raccolte d’Arte di Milano), l’Ercole della Regione Valle d’Aosta e Dedalo e Icaro mai esposto in pubblico.

C’è infine un percorso attraverso la città di Milano frutto di commissioni pubbliche nei luoghi dove sono state collocate.

La mostra, a partire dal 25 febbraio sarà a Roma alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna.



A. Martini, Bevitore, 1926


La mostra di Milano è visitabile fino al 4 Febbraio 2007

www.arturomartini.info


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