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"Un Libro è un sogno
che vuole comunicare" |
Credo nella Mente dell'uomo e nel Mistero infinito. Credo nei Sogni e nel Futuro. Credo nei Libri. Non credo nell'impossibile. |
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LETTERE DELL'EDITORE
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Lettere (buone e cattive) dell'Editore
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Una domanda di un amico scrittore che tiene i libri nel cassetto mi ha fatto riflettere. Questa semplice domanda: “Che senso ha pubblicare un libro?” Daniel – così chiamerò questo amico – è uno scrittore “vero”, ha scritto fin da ragazzino senza altri scopi che scrivere e alla scrittura ha pagato il suo prezzo. Sì, perché la scrittura “vera” non è una gentile e occasionale forma di appagamento, è invece una frontiera misteriosa e, per essere conquistata, esige vita vera e intera: gioia e sofferenza, volo e abisso. Le sue magnifiche porte aprono orizzonti che restano sconosciuti a chi non ha varcato questa soglia, ma ciò che così la persona conquista la lega profondamente a se stessa, in un impegno di... verità. Se lo si tradisce, la sconvolgente passione e la percezione misteriosa se ne vanno, si possono scrivere migliaia di pagine ma non più provare l’esperienza straordinaria. Daniel conosce questa esperienza e scrive, ma si sente diverso dal mondo in cui vive come comune persona, a tal punto che si trova costretto a essere quasi “due persone”, l’una che sta al gioco dei comuni rapporti e l’altra che vive nella dimensione della scrittura. Daniel è molto intelligente e conosce bene la realtà. Vedendola spietatamente nuda e cruda, ha fatto suo un pessimismo profondo: la gente ha i fatti suoi, non ha tempo né attenzione gratuiti, manca un interesse sincero, manca la capacità di accogliere e comprendere, la gente si stanca e magari si turba anche e si infastidisce. Un libro non ha speranze di trasmettere niente e lui non spera più negli uomini. Dunque, perché pubblicare? Ho trovato, riflettendo, due sole cose da rispondergli. La prima è questa: chi scrive non può non avere ancora nel profondo una speranza negli uomini, chi scrive può aver perduto la fiducia ma non la speranza. Quando è davvero così, non si scrive più. La seconda è quest’altra: pubblicare è fare la propria parte per il diritto al futuro che un libro ha. Un libro non è uno strumento o un oggetto inerte, contiene qualcosa di vivo, che ha molto più tempo a disposizione per “giocare la sua partita” di quello che possiede chi lo ha generato. Dargli una “casa” e un “vestito”, fornirlo del biglietto per prendere il volo, è un atto gratuito, ma lo è come ogni atto d’amore e come ogni cosa nobile e grande compiuta dagli uomini per il futuro. Scrive Emily Dickinson:
"Alcuni dicono che quando è detta la parola muore. Io dico invece che proprio quel giorno comincia a vivere
M.S.
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