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"Un Libro è un sogno
che vuole comunicare" |
Credo nella Mente dell'uomo e nel Mistero infinito. Credo nei Sogni e nel Futuro. Credo nei Libri. Non credo nell'impossibile. |
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LETTERE DELL'EDITORE
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Lettere (buone e cattive) dell'Editore
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Abbiamo già considerato (in "Leggere o scrivere?") le cause macroscopiche della diminuzione massiccia dei lettori; su di esse il nostro potere di difensori del valore dei Libri è limitatissimo, perché influire su queste tendenze attualmente dominanti significherebbe cambiare il volto della società occidentale postmoderna. Vi è però, secondo noi, un ambito dove le responsabilità e, di conseguenza, le possibilità di cambiamento sono proprio affidate a chi dei Libri si occupa o si preoccupa. Parlo del contenuto e delle caratteristiche dei libri che vengono scritti, pubblicati, diffusi e (eventualmente) comprati e (forse anche) letti. Noto a questo proposito alcune cose evidenti. Cominciamo dai lettori, quelli veri, cioè quelli per cui leggere è un piacere profondo e non quelli che comprano la “marca” del prodotto di successo, per poterne parlare (e straparlare) come si fa dopo una partita di calcio. I veri lettori, che a mio avviso sono più addormentati che scomparsi, per paradossale che sembri nell’oceano cartaceo del nostro tempo... non trovano libri. Ma che cosa vi cercano? Beh, direi quello che da sempre si cerca nella lettura: molte cose insieme e poco schematizzabili, che però senza dubbio comprendono la comunicazione profonda del libro con la propria vita – pensiero sentimenti emozioni sogni e fantasie - e l’apertura degli orizzonti su qualcosa di nuovo. Circa la comunicazione viva e profonda tra libro e lettore, George Steiner sostiene che la lettura vera è «il tatto del cuore e la cortesia, l’incontro non mediato e gratuito con il linguaggio straniero del visitatore» (il visitatore straniero è il libro). La nostra età, a parer suo, ha generato un «maremoto di masse di carte», ne ha fatto commercio in una catena di montaggio planetaria, realizzando la celebre profezia di Bradbury del rogo dei libri. Circa la ricerca di nuovi orizzonti, Harold Bloom - che si chiede «che cosa dovrà tentare di leggere l’individuo che ancora desideri leggere?» - è convinto che il valore di un Libro stia nella sua «originalità» e che la nostra epoca conduca alla «fuga dall’estetico» per il «risentimento» di tutti coloro che sono incapaci di accettare «lo scandalo dell’originalità artistica». Se, dunque, i lettori veri cercano Libri con cui realizzare un incontro e in cui scoprire qualcosa di nuovo, ne consegue che coloro che pubblicano e coloro che scrivono libri dovrebbero rispondere a questa aspettativa e non al contrario ignorarla o calpestarla, come spesso avviene, per poi lamentarsi della mancanza di lettori. Tra le cose evidenti di cui ho esperienza vi è la scarsità di libri editi in Italia negli ultimi tempi che rispondano alle aspettative dei veri lettori, contro il numero esorbitante di quei libri che sono editi imponendo ai lettori mode, abitudini e convenzioni tutt’altro che originali. Persino leggere libri semplicemente capaci di raccontare storie è diventato difficile. Anche al di fuori del mondo dello spettacolo, dello scoop e del gossip, vige il criterio assoluto del basso profilo, del minimalismo, dello psicologismo morboso e inconcludente, che ha sostituito in blocco l’avventura, il brivido, l’amore, il dramma, la fantasia, la ricerca e la riflessione. E arriviamo da ultimo agli scrittori. Ve ne sono molti che non scrivono in verità per comunicare, scrivono di sé soltanto, della loro vita, del loro passato, delle persone di loro conoscenza. Raccontano cose piccole e personali senza una ricerca che vada al di là del proprio recinto. Così muore il romanzo, così il racconto assomiglia al diario e la poesia manca di universalità. L’ossequio ai toni bassi, al mito delle cose piccole, alla tirannia della quotidianità senza voli e senza invenzione, rende questi libri tutti simili, privi per i lettori di originalità come di fascino. Personalmente rispetto la scrittura che ha funzione di sfogo, di catarsi personale o di terapia, ma non credo che essa possa essere Letteratura e dubito fortemente che il suo pubblico di lettori possa varcare il piccolo ambito dei momentanei conoscenti dell’autore. La moda spettacolare illude che vi possano essere attenzione e interesse da parte del pubblico per chi porta alla ribalta la sua quotidianità - a toni bassi e bassissimi - e illude che l’originalità possa essere sostituita dalla logora gara a chi sciocca di più con perversioni e follie. Illude, sì, perché questo “palcoscenico” non ospita scrittori, ma solo uomini dello spettacolo, che - se fanno gli scrittori - lì arrivano non grazie ai Libri ma tramite lo spettacolo stesso. Uno scrittore che fa proprie le regole del mondo dello spettacolo per essere accolto compie un errore fatale: rinuncia alla comunicazione con i lettori veri, come vi rinunciano gli scrittori che raccontano solo la loro personale e comune esistenza. E se vi fossero molti lettori addormentati con una gran voglia di nuove storie? Il fatto è che scrivere nuove storie non è tanto facile e comune e, come diceva Leo Longanesi, “l’arte è un appello al quale molti rispondono senza essere chiamati.” M.S.
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